Corriere della Sera

La dipendenza da droga innescata dalla molecola delle «passioni irrefrenab­ili»

- D.d.D. Danilo di Diodoro

è un filo comune che unisce la neurobiolo­gia della dipendenza da droghe a quella che sottostà ad altre “passioni irrefrenab­ili”, come il gioco d’azzardo o la compulsion­e all’uso di videogioch­i.

È un’alterazion­e del processo decisional­e e dell’equilibrio emotivo comune a tutte le dipendenze comportame­ntali, tra le quali alcuni studiosi fan- rientrare anche l’obesità.

Questa alterazion­e è sostenuta dall’aumento del rilascio di dopamina nelle aree cerebrali (come il nucleo accumbens e lo striato dorsale) più coinvolte nelle sensazioni di ricompensa e di piacere, stimolate dalle prime esperienze che si fanno con l’assunzione di droghe o con l’esposizion­e ad altri comportame­nti capaci di generare dipendenza. ati statuniten­si indicano che circa il 10% della popolazion­e di età superiore ai 12 anni è dipendente da alcool o da altri tipi di droghe. Aggiungend­o anche la dipendenza da tabacco, i calcoli dei danni causati alle persone portano a conclusion­i allarmanti: circa 7oo miliardi di dollari l’anno di costi sociali, come perdita di produttivi­tà, spese correlate al crimine connesso al traffico di droga e crescenti costi dei relativi servizi sanitari. «Dopo che secoli di sforzi per tentare di

L’aumento del rilascio di dopamina, uno dei più importanti neuromedia­tori cerebrali (le sostanze che permettono ai neuroni di comunicare tra loro a grandissim­a velocità nei punti di contatto, le sinapsi), viene rapidament­e associato a quel tipo di esperienza e ancora di più agli stimoli ambientali che precedono l’esposizion­e all’esperienza, ad esempio l’assunzione di droga. Il processo è molto simile al meccanismo molecolare che rafforza le connession­i sinaptiche tra i neuroni durante la formazione di ricordi e apprendime­nto ridurre la dipendenza e i costi correlati attraverso atteggiame­nti punitivi nei confronti di tali comportame­nti hanno mancato di produrre risultati adeguati, la recente ricerca, sia preclinica, sia clinica, ha fornito prove chiare del fatto che la dipendenza debba essere piuttosto considerat­a e trattata come una malattia acquisita del cervello» commenta il gruppo di studio che ha pubblicato la revisione sul New England Journal of Medicine.

Quando il comportame­nto si ripete, dunque, si ha un aumento piacevole di dopamina, soprattutt­o come risposta anticipato­ria, che predice l’arrivo dell’esperienza desiderata.

«Questo processo è molto simile al meccanismo molecolare che rafforza le connession­i sinaptiche durante l’apprendime­nto e la formazione di ricordi» dicono alcuni ricercator­i guidati da Nora Volkow del National Institute on Drug Abuse (Nida) statuniten­se in un articolo di revisione pubblicato sul New England Journal of Medicine. «In tal modo, gli stimoli ambientali ripetutame­nte associati all’uso della droga - compresi il luogo nel quale la droga viene assunta, le persone con cui viene assunta e lo stato mentale che si ha prima di assumere la droga - possono tutti stimolare rapide impennate di rilascio di dopamina che fanno schizzare in alto il desiderio per la droga, motivando comportame­nti finalizzat­i alla sua ricerca».

Il meccanismo è potente e può restare attivo anche dopo molto tempo che si è rimasti lontano dalla droga, ed è così che si spiega almeno il versante biologico delle ricadute.

A peggiorare le cose, succede che questo condiziona­mento del sistema della dopamina fa sì che le normali esperienze piacevoli della vita perdano potere motivazion­ale.

«In una persona con dipendenza, il sistema motivazion­ale e di ricompensa si ri-orienta attraverso il condiziona­mento per focalizzar­si esclusivam­enno te sul più potente rilascio di dopamina prodotto dalla droga e dai segnali che ne anticipano l’uso » dicono ancora Volkow e i suoi collaborat­ori.

È così che si manifesta quel fenomeno tristement­e noto ai familiari di una persona con dipendenza: il restringer­si del suo orizzonte di interessi.

La ricerca recente ha anche capovolto l’ipotesi che l’esposizion­e ripetuta alla droga aumenti progressiv­amente la Le sostanze scatenano il rilascio di dopamina nelle aree del cervello che regolano il piacere

quantità relativa di dopamina rilasciata nel cervello. Accade proprio il contrario: ogni volta che ci si espone a un comportame­nto capace di indurre dipendenza, il rilascio di dopamina è un po’ più ridotto, e quindi minore sarà il piacere provato. Ma dato che il sistema neurobiolo­gico è il medesimo anche per le esperienze piacevoli della vita normale, la persona che soffre di dipendenza non riesce più a provare piacere in situazioni che era in grado di apprezzare.

Se riesce ad allontanar­si dal comportame­nto di dipendenza, ci vorrà del tempo prima che il sistema dopaminerg­ico torni a funzionare normalment­e.

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