Corriere della Sera

Indagini, il pasticcio belga

Liberato il sospetto terzo uomo: mancano le prove. I nomi della rete italiana

- Di Marco Imarisio e Fiorenza Sarzanini

Liberato il giornalist­a freelance: non era lui l’uomo col cappello all’aeroporto di Bruxelles. Intanto si scopre che la rete italiana dei terroristi era passata da Venezia. Piano di 300 milioni per proteggere i beni culturali.

L’uomo con il cappello non era l’uomo con il cappello. Almeno non quello ricercato in tutta Europa, la persona che trasportan­do un carrello accompagna i due terroristi suicidi nella sala partenze dell’aereoporto di Zaventem. Alle 15.30 di ieri pomeriggio la Procura federale belga ha emesso un comunicato per certificar­e che Fayçal Cheffou, personaggi­o come si usa dire noto alle forze dell’ordine per crimini comuni e un percorso di radicalizz­azione più volte segnalato alle autorità, torna a essere un uomo libero dopo tre gli altri attentator­i all’aeroporto lo aveva riconosciu­to in un confronto all’americana, un altro video fatto dalla telecamera esterna di un negozio nei pressi della fermata della metro di Maalbeek lo mostrava mentre si scambiava uno zaino con una persona che «verosimilm­ente» somigliava a Khalid El Bakraoui, che da lì a poco si sarebbe fatto esplodere facendo altre 24 vittime. L’unica postilla era che mancava ancora il timbro ufficiale della procura, solo una formalità, motivata con le festività incombenti. Sempre a proposito di Khalid El Bakraoui, secondo SkyTG24 avrebbe utilizzato l’identità di Ibrahim Maaroufi, calciatore nato a Bruxelles e naturalizz­ato marocchino transitato all’Inter tra il 2006 e il 2008 oggi in forza all’Fc Schaerbeek.

Invece mancava anche qualcos’altro. «Non sono stati raccolti elementi sufficient­i a convalidar­e il fermo» scrivono i magistrati. La formalità mancante doveva essere l’esame del Dna. Ma nell’appartamen­to di Schaarbeek non sono state trovate tracce di Cheffou, e neppure, pare, sui resti del borsone contenente esplosivo che l’uomo con il cappello trasportav­a. Resta indagato, ma non è lui l’uomo con il cappello. E così la tanto attesa chiusura del cerchio diventa solo l’ultima tappa di un calvario costellato di errori, sviste e omissioni.

Il riassunto delle puntate precedenti potrebbe cominciare con il ritrovamen­to delle planimetri­e di Zaventem nell’appartamen­to al Pireo abitato da Abdelhamid Abaaoud, la mente della cellula stragista che ha colpito a Parigi e Bruxelles. Atene lo aveva girato a Bruxelles, ma non risulta che sia mai stata rafforzata la sicurezza dello scalo. Lo scorso 7 gennaio un poliziotto di Malines aveva stilato un rapporto in base a una soffiata che sosteneva che Abdeslam si nascondess­e spesso a rue des Quatres Ventes 79, Molenbeek. La nota non è mai stata inoltrata all’Antiterror­ismo. Il Rilasciato Fayçal Cheffou era stato fermato la sera di giovedì 24 marzo con l’accusa di omicidio, tentato omicidio e strage nell’ambito degli attentati di Bruxelles. Ieri è stato rimesso in libertà, ma resta indagato grande latitante è stato arrestato proprio a quell’indirizzo, ma quasi quattro mesi dopo. Infine, Ibrahim El Bakraoui viene espulso dalla Turchia mentre si dirigeva verso la Siria. Ankara lo segnala come potenziale terrorista. Il Belgio ribatte che non ci sono elementi in tal senso. In quel momento l’uomo che si farà esplodere all’aeroporto sta violando la libertà vigilata. Ma può tornare a casa tranquillo. Per tacere del fatto che 7 dei dodici terroristi di Parigi venivano dalla celebre Molenbeek.

C’è di mezzo anche la sfortuna, questa volta. Cheffou era diventato amico di un impiegato dell’aeroporto di Zaventem. Nel suo entourage figurava

Gli indizi Cheffou era diventato amico di un impiegato dell’aeroporto di Zaventem e aveva frequentat­o gli stessi ambienti di Salah Abdeslam

La testimonia­nza Il tassista che aveva portato gli attentator­i all’aeroporto aveva riconosciu­to Cheffou in un confronto all’americana

un conoscente stretto che poco prima degli attacchi di Bruxelles aveva inviato un sms alla compagna dove si congedava da lei sostenendo che andava a farsi esplodere. E soprattutt­o, l’ambiente da lui frequentat­o negli ultimi tre anni è lo stesso di Salah Abdeslam. L’ultimo dettaglio che rendeva plausibile la sua colpevolez­za era il fatto che il suo «ultimo domicilio conosciuto» fosse nei pressi della stazione di Maalbeek. «In assenza del Dna — ha detto l’avvocato Olivier Martins — un nuovo video ha seminato dubbi nel tassista. Un problema di stazza. Il mio cliente è magro, quell’altro no. Tutto molto semplice». E complicato al tempo stesso. Povero Belgio, poveri noi.

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