Corriere della Sera

La «rete italiana» dei terroristi passava da Venezia con un volo low cost

- di Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it

Una carta di credito utilizzata per alcune transazion­i e un indirizzo di Bruxelles dove sarebbero stati trovati esplosivi e una «pipe bomb». Sono i due elementi che ampliano la «rete» italiana collegata ai terroristi di Parigi e Bruxelles. Sono le tracce seguite dai poliziotti dell’Antiterror­ismo e dai carabinier­i del Ros per ricostruir­e tutti i «passaggi» nel nostro Paese e le eventuali complicità di chi può aver aiutato i jihadisti a pianificar­e gli attentati del 13 novembre nella capitale francese e del 22 marzo in quella belga. Partendo da un nuovo indizio: a Venezia potrebbe essere arrivato nell’estate scorsa anche un altro fiancheggi­atore della «cellula».

I pagamenti

Si parte dunque da Khalid El Bakroui, il kamikaze che la scorsa settimana si è fatto esplodere nella stazione della metropolit­ana di Maelbeeck e che tra i vari alias avrebbe usato anche quello dell’ex giocatore dell’Inter, Ibrahim Maaroufi. Il 23 luglio, alle 8,25 arriva a Venezia con un volo Ryanair provenient­e da Bruxelles. Va all’hotel Courtyard by Marriott vicino allo scalo Marco Polo e alle 6 del mattino dopo si imbarca su un volo della Volotea diretto ad Atene. Esattament­e una settimana dopo in Grecia arriva Salah Abdeslam, accompagna­to da Ahmad Dahmani, 26 anni, belga di origini marocchine, accusato di aver partecipat­o agli attacchi di Parigi e tuttora detenuto in Turchia.

L’ipotesi è che dovessero partecipar­e a un incontro preparator­io, non è escluso che siano arrivati fino in Turchia per prendere ordini e poi abbiano fatto la strada a ritroso. Certo è che adesso gli investigat­ori italiani inseguono una nuova identità: è quella di Abderahman Benamor. A lui è intestata la carta di credito utilizzata da El Bakroui. E questo convince sulla possibilit­à che anche lui sia stato in Italia.

I documenti

«Voglio tornare in Belgio, non mi opporrò all’estradizio­ne » : sono le uniche parole pronunciat­e da Eddine Djamal Ouali, l’algerino arrestato tre giorni fa a Bellizzi, in provincia di Salerno. Le indagini coordinate dal capo della Digos Luigi Amato adesso puntano a ricostruir­e i suoi contatti, tenendo conto che l’ingresso nel nostro Paese sarebbe avvenuto due mesi fa, ma la richiesta di permesso di soggiorno è stata presentata il 15 marzo scorso, lo stesso giorno del blitz che ha portato alla cattura di Salah Abdeslam e all’uccisione di

Mohamed Belkaid, entrambi nascosti nel covo di rue de Dries 60. Sono state le disposizio­ni impartite dal capo dell’Antiterror­ismo Lamberto Giannini sulle verifiche da effettuare per chi si rivolge all’ufficio immigrazio­ne, a far scoprire l’esistenza del mandato di arresto emesso nei suoi confronti il 16 gennaio.

L’accusa per Ouali è di aver fatto parte di una rete di falsari che aveva fornito alla «cellula» i documenti contraffat­ti. Nell’atto di accusa si dà conto di «perquisizi­oni effettuate nell’ottobre 2015 a Saint-Gilles, un sobborgo di Bruxelles, allorquand­o vennero sequestrat­e circa mille immagini digitalizz­ate e documenti falsificat­i». Uno era intestato a Kayal Soufiane, nato il 28 agosto 1988, alias di Najim Laachroui, che si è fatto esplodere il 22 marzo scorso all’aeroporto di Zaventem; Samir Bouzid, nato l’8 luglio 1977, alias utilizzato da Mohamed Belkaid; Yassine Baghli,

nato il 29 settembre 1989, alias utilizzato dallo stesso Salah Abdeslam».

L’esplosivo

In Italia porta anche la pista seguita dalla polizia tedesca che ha arrestato qualche giorno fa Mohamed Lahlaoui, marocchino di 28 anni fermato nel distretto di Giessen. L’uomo risulta aver vissuto nel nostro Paese, nel bresciano, tra il 2007 e il 2014. È stato più volte arrestato per reati comuni, una volta è anche riuscito ad evadere, fino a quando il questore di Brescia non ha firmato il decreto di espulsione. Secondo quanto è stato comunicato nelle ultime ore dalla polizia belga «al momento dell’arresto, Lahlaoui è stato trovato in possesso di un documento recante un indirizzo di Bruxelles. Nell’appartamen­to perquisito è stata rinvenuta una “pipe bomb” ed una “fabbrica” di esplosivi». Notizie che gli investigat­ori italiani stanno adesso verificand­o.

Il «bresciano» Ha vissuto a lungo in Italia il marocchino che in Germania aveva in casa una «pipe bomb»

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Ricordo Omaggi floreali e preghiere in Place de la Bourse a Bruxelles per le vittime degli attentati terroristi­ci che hanno insanguina­to la capitale del Belgio

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