Il capo migliore? È quello prevedibile
Il ragionier Fantozzi, ci spiega ora uno studio dell’università del Michigan (riportato dal Financial Times), era in realtà un uomo fortunato: aveva sì a che fare con capi come il visconte Còbram, «un serpente astutissimo e perfido come una murena ferita» fissato con la corsa ciclistica, e con il «megadirettore clamoroso» Duca Conte Pier Carlo Ingegner Semenzara, maniaco del gioco d’azzardo, superstiziosissimo e meschino. Però questi capi, con tutti i loro difetti, erano costanti nella loro crudeltà, immutabili nel loro sadismo e per questo prevedibili: lo studio «Is Consistently Unfair Better than Sporadically Fair?» pubblicato dall’Academy of Management Journal dimostra come un capo «prevedibilmente ingiusto» generi, alla fine, nei lavoratori meno stress di un capo sporadicamente giusto. A tre gruppi di studenti sono stati assegnati, per l’esperimento, tre capi: uno che elogiava sempre, uno che criticava sempre, e uno imprevedibile nelle sue valutazioni e nei suoi umori. Quest’ultimo provocava più infelicità del secondo, costantemente negativo. Tra le conclusioni dello studio c’è anche quella che i capi con maggior capacità di autocontrollo sono anche quelli con meno probabilità di dare le temute valutazioni «sporadicamente ingiuste» al loro staff. Questo mina le fondamenta di uno dei comandamenti ultimamente più popolari — e ripetuti — nelle scuole di management, cioè la necessità di essere «disruptive», perturbatori. La leadership che genera migliori reazioni sul posto di lavoro, indica questo studio, non è quella «perturbante» ma quella, molto più prosaicamente — e noiosamente — «costante». Costante nelle valutazioni, nell’umore: peccato che i grandi manager siano i primi a non dare valore, apparentemente, a questo tratto della personalità. La Harvard Business Review di recente ha chiesto a 165 top manager di descrivere le qualità di un leader e nella lista — inevitabilmente autocelebrativa — e tra le qualità nominate più di frequente ecco «il forte senso etico», «la capacità di creare crescita», «la flessibilità necessaria per cambiare opinione». La costanza, il self-control? Mai citate. E anche qui il pensiero corre inevitabilmente a Fantozzi e all’«avvocato dott. ing. lup. mann. grand. farabutt. Guido Camorrani» che di sé diceva «io sono soprattutto un uomo onestissimo e intelligentissimo, ma buono», pur essendo in realtà una belva umana.
Anche noi siamo cambiate Siamo diventate adulte. Oggi le donne sono quelle di Rebecca Traister nel saggio
non più definite – economicamente, socialmente e sessualmente – dagli uomini che sposano