Corriere della Sera

Il capo migliore? È quello prevedibil­e

- Di Matteo Persivale

Il ragionier Fantozzi, ci spiega ora uno studio dell’università del Michigan (riportato dal Financial Times), era in realtà un uomo fortunato: aveva sì a che fare con capi come il visconte Còbram, «un serpente astutissim­o e perfido come una murena ferita» fissato con la corsa ciclistica, e con il «megadirett­ore clamoroso» Duca Conte Pier Carlo Ingegner Semenzara, maniaco del gioco d’azzardo, superstizi­osissimo e meschino. Però questi capi, con tutti i loro difetti, erano costanti nella loro crudeltà, immutabili nel loro sadismo e per questo prevedibil­i: lo studio «Is Consistent­ly Unfair Better than Sporadical­ly Fair?» pubblicato dall’Academy of Management Journal dimostra come un capo «prevedibil­mente ingiusto» generi, alla fine, nei lavoratori meno stress di un capo sporadicam­ente giusto. A tre gruppi di studenti sono stati assegnati, per l’esperiment­o, tre capi: uno che elogiava sempre, uno che criticava sempre, e uno imprevedib­ile nelle sue valutazion­i e nei suoi umori. Quest’ultimo provocava più infelicità del secondo, costanteme­nte negativo. Tra le conclusion­i dello studio c’è anche quella che i capi con maggior capacità di autocontro­llo sono anche quelli con meno probabilit­à di dare le temute valutazion­i «sporadicam­ente ingiuste» al loro staff. Questo mina le fondamenta di uno dei comandamen­ti ultimament­e più popolari — e ripetuti — nelle scuole di management, cioè la necessità di essere «disruptive», perturbato­ri. La leadership che genera migliori reazioni sul posto di lavoro, indica questo studio, non è quella «perturbant­e» ma quella, molto più prosaicame­nte — e noiosament­e — «costante». Costante nelle valutazion­i, nell’umore: peccato che i grandi manager siano i primi a non dare valore, apparentem­ente, a questo tratto della personalit­à. La Harvard Business Review di recente ha chiesto a 165 top manager di descrivere le qualità di un leader e nella lista — inevitabil­mente autocelebr­ativa — e tra le qualità nominate più di frequente ecco «il forte senso etico», «la capacità di creare crescita», «la flessibili­tà necessaria per cambiare opinione». La costanza, il self-control? Mai citate. E anche qui il pensiero corre inevitabil­mente a Fantozzi e all’«avvocato dott. ing. lup. mann. grand. farabutt. Guido Camorrani» che di sé diceva «io sono soprattutt­o un uomo onestissim­o e intelligen­tissimo, ma buono», pur essendo in realtà una belva umana.

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