«D Truffe, minacce e crisi familiari nel dramma che viaggia in auto
Il film è capace di riscattare il genere guardando alla realtà dei nostri giorni
esconocido è il termine spagnolo che appare sui telefonini quando non si vuol far sapere l’origine della chiamata, l’equivalente italiano di «numero privato». E «desconocido» è l’indicazione che appare sul misterioso telefonino che Carlos (Luis Tosar) sente suonare nella sua auto mentre sta accompagnando i figli Sara (Paula Del Río) e Marcos (Marcos Sanz) a scuola.
Il film è cominciato da pochi minuti. Lo spettatore ha appena avuto modo di scoprire che Carlos è un direttore di banca che dovrà affrontare le reazioni dei clienti che hanno sottoscritto investimenti ai limiti della truffa e per questo sta cercando di correre ai ripari, scambiando telefonate mattutine coi suoi superiori. Ma lo stesso spettatore ha anche potuto intuire che con la moglie (Gaya Toledo) i rapporti sono piuttosto tesi e che nemmeno con i figli c’è molta sintonia. Anzi, sembra quasi che l’idea di accompagnarli per una volta a scuola sia un tentativo un po’ goffo di farsi carico della quotidianità familiare.
Carlos si è mosso da poco verso la scuola quando il suono di un cellulare che nessuno dei tre passeggeri riconosce come proprio lo spinge a rispondere a questa chiamata «desconocida». E una voce che non riconosce gli annuncia che sta viaggiando su un’auto bomba: se qualcuno lascerà il proprio posto, l’ordigno esploderà. Per disinnescare l’arma, lo sconosciuto pretende tutti i soldi che Carlos ha sul conto di famiglia (68 mila euro, dimostrando di conoscere le possibilità finanziarie della sua vittima) più la restituzione dell’investimento tossico che ha prosciugato tutti i suoi averi: altri 400 mila euro.
Se all’inizio l’incredulità sembra vincerla sulla paura, con i due ragazzi che non capiscono quello che sta succedendo (il padre comunica con chi lo minaccia attraverso l’auricolare) mentre Carlos cerca di trovare ogni scusa per guadagnare tempo, l’esplosione della macchina di un collega di lavoro che non voleva credere alle minacce e a cui Carlos cercava di chiedere aiuto, cancellano ogni dubbio. La minaccia è reale e chi la sta mettendo in pratica non scherza. Costruito con impeccabile consequenzialità, la storia è costellata di accidenti — il casuale ferimento del figlioletto nell’esplosione dell’altra macchina, la scoperta del tradimento della moglie che manda a monte una prima consegna di soldi al ricattatore, la reazione prima isterica poi incoscientemente «eroica» della figlia — che precipitano Carlos in una spirale di problemi sempre più complessi, che la misteriosa voce al telefono sembra aver previsto se non addirittura pianificato.
Mentre il film cambia sotto i nostri occhi la propria identità cinematografica: prima thriller «all’americana» sul tema della minaccia misteriosa, poi dramma introspettivo sui buchi neri della vita privata con cui la realtà obbliga a fare i conti, infine squarcio sociologico sulla finanza e le sue truffe, perché tutto nasce dal desiderio di vendicarsi su chi aveva rovinato la vita di una persona proponendole investimenti tossici.
La storia cambia identità sotto gli occhi dello spettatore: thriller all’americana, analisi introspettiva, squarcio sociologico
Opera prima di un regista che si è fatto le ossa in televisione, il 40enne galiziano Dani de la Torre, sceneggiato da un italiano molto attivo in Spagna (Alberto Marini), Desconocido – Resa dei conti è uno di quei film capaci di «riscattare» il genere guardando alla realtà dei nostri giorni. Senza arrivare a drammatizzare un fatto di cronaca ma ambientando la propria storia all’interno di un contesto tanto credibile quanto possibile, il film si regge su un meccanismo che il cinema americano ha sfruttato molte volte ma che qui assume una colorazione particolarmente realistica. E che nella seconda parte prende di mira anche l’efficienza e la preparazione della polizia, con lo scontro tra un commissario troppo ligio ai regolamenti ( Fernando Cayo) e una ufficiale artificiere (Elvira Mínguez) che invece sembra capace di guardare al di là delle apparenze. Alla fine, forse, con qualche colpo di scena e qualche incongruenza di troppo (soprattutto per l’ingresso in scena del misterioso «desconocido», interpretato da Javier Gutíerrez), che però non inficiano la tensione e la capacità di coinvolgimento emotivo dello spettatore.