Corriere della Sera

L’ostaggio italiano «Chiedeva alla hostess di scattargli le foto»

- di Giusi Fasano @GiusiFasan­o

Surreale. Il dirottator­e abbraccia uno dei suoi ostaggi e poi chiede alla hostess: «Scusi, ci farebbe una foto assieme?». Un istante ed ecco l’immagine sul telefonino: Mustafa il cattivo con la cintura esplosiva e Benjamin l’inglese con il sorriso finto. «Bella!, te la giro via WhatsApp...».

Alla fine se l’è fatta mandare anche Andrea Banchetti, l’unico italiano a bordo dell’aereo. Il quale alle quattro del pomeriggio, quando ormai è tutto finito, dice che «beh... a modo suo sarà la mia foto ricordo di questa giornata davvero strana». Un martedì cominciato con «la paura che certo all’inizio c’è stata», finito con «un po’ di pena per quell’uomo che non voglio giustifica­re ma che comprendo, perché da quello che ho capito pare abbia fatto tutto questo per amore».

Surreale, appunto. A partire dal fatto che in qualche modo quello spilungone con i fili che spuntavano dalla camicia è riuscito a essere tutto tranne che davvero minaccioso. Quasi rassicuran­te, addirittur­a, mentre ripeteva «andrà tutto bene, non vi succederà niente, tranquilli», soprattutt­o agli unici due passeggeri (un uomo e una donna) che piangevano terrorizza­ti.

Andrea Banchetti, originario di Terni, ha 47 anni, e ieri tornava in Italia — scalo al Cairo — dopo tre settimane passate in Egitto per lavoro (fa il supervisor­e meccanico per una società del settore petrolifer­o). La tratta da Alessandri­a al Cairo è breve, quel volo sembrava durare un po’ troppo. «A un certo punto ho guardato la television­e dell’aereo che mostrava la rotta e ho visto che puntavamo verso Cipro così ho pensato: sono un cretino perché ho sbagliato volo ma loro sono più cretini di me perché mi hanno lasciato passare». Errore.

L’aereo atterra e la questione diventa chiara in pochi minuti. Il dirottator­e fa scendere la maggior parte dei passeggeri, alla fine restano soltanto alcuni membri dell’equipaggio, il nostro amico italiano e altri tre. «Ci hanno fatto spostare in fondo all’aereo e ci hanno offerto qualcosa da bere, un caffè...». Andrea insiste con la hostess per capire qualcosa di più di tutta quella stravaganz­a: «Che sta succedendo?». Lei sussurra in inglese «dirottamen­to».

Comincia così un faccia a faccia prolungato con il «cattivo» che fa paura, sì, ma non tanto. «Si è comportato in modo gentile, tranquilli­zzante. Non sembrava pericoloso per niente, certo non si può mai sapere ma ci sembrava difficile che fosse un tipo violento. Parlava solo in arabo con l’equipaggio, tanto dolcemente che non c’è stata nessuna scena di panico. Ovviamente non potevamo avere la certezza che la cintura fosse finta, anche se...».

Anche se Andrea, meccanico esperto, aveva guardato quel marchingeg­no appiccicat­o alla camicia dell’aspirante kamikaze e aveva capito: «Più che una bomba mi sembrava un groviglio di cose a casaccio, e l’ho anche detto alla polizia quando sono uscito lasciando a bordo gli altri tre ostaggi: “Io faccio il meccanico, quel fagotto sembra finto, per me non ha nessuna bomba”».

Così era ma si scoprirà alle 14, quando lo arresteran­no. Nessun ordigno, nessuna intenzione bellicosa, nemmeno un urlo, una parolaccia, un’imprecazio­ne. Al posto di tutto questo un comportame­nto perfino amichevole. Con Andrea, per esempio. «A un certo punto ha chiesto: chi è l’italiano? E quando mi sono presentato mi ha detto qualcosa che assomiglia­va a “siamo amici”, mi ha salutato e mi ha fatto scendere. Non ci giurerei ma mi sembrava un po’ ubriaco». Poi la scena più stravagant­e di tutte, la foto con l’ostaggio. «L’abbiamo guardata, abbiamo fatto commenti, ci siamo detti, “giramela” e ce la siamo scambiata». Come fosse un selfie fra amici. Con quel Benjamin impettito, quasi che lo sconosciut­o Mustafa fosse una celebrity dello spettacolo. «A Benjamin poi ho anche detto: scusa, ma sei scemo? Eri vicino, potevi almeno abbracciar­lo e fare qualcosa no?». Tutto surreale, dicevamo. E mentre sull’ Airbus della Egyptair succede questo, in Italia la moglie di Andrea, Isabella, è in apnea a pregare che tutto vada per il meglio, in Egitto qualche parente di Mustafa fa sapere ai media che «quello è uno spiantato», a Cipro un funzionari­o del governo giura che «più che un terrorista è un idiota» perché «i terroristi sono pazzi ma non sono stupidi e invece questo tipo lo è». Alla collezione di insulti ufficiali, diciamo così, si aggiunge nel pomeriggio la definizion­e di Omar al-Gamma, il pilota del volo dirottato: «Mi sembrava uno anormale» ha tenuto a precisare. Ecco. Casomai non si fosse capito...

Io faccio il meccanico, ho capito subito che quei fili non potevano essere una bomba A un certo punto lui ha chiesto chi era l’italiano: mi ha abbracciat­o e mi ha lasciato scendere

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A bordo Andrea Banchetti, 47enne originario di Terni, era sul jet dirottato

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