Sfida del Tesoro su debito e Pil
Il ministero dell’Economia non è più solo. Nel varo del Documento di economia e finanza l’Ufficio parlamentare di bilancio darà un suo parere sul programma di bilancio. Consultivo, ma fondamentale.
A metà mese è atteso il Documento di economia e finanza (Def), sul quale il governo baserà la sua strategia. È un rito di primavera che quest’anno acquista una sfumatura nuova: il ministero dell’Economia non è più solo. In passato spettava solo ai suoi tecnici stendere le ipotesi sulle tendenze di fondo dell’economia, quindi sulla base di quelle impostare il bilancio dello Stato. Oggi la struttura del bilancio
resta un’esclusiva del governo, però non lo sono più le previsioni sulle quali impostare i programmi per tasse, spese, debito e deficit.
Il ministero guidato da Pier Carlo Padoan lo ha sperimentato in questi giorni, dopo aver mandato le sue stime sul 2016 e nel 2017 all’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb). Questo nuovo organismo è uno strano ibrido: è interamente statale, ma esiste solo perché lo prevede il Fiscal Compact europeo. L’ufficio parlamentare ha diritto a inserire un proprio intervento nel Def per validare (o meno) le stime sulle tendenze economiche previste dal governo, quindi nella seconda metà di aprile darà un suo parere sul programma di bilancio. Per la sua natura ibrida, l ’Upb è un organo consultivo dotato di un formidabile potere implicito: qualunque suo un giudizio negativo sul programma del governo sarebbe un segnale alla Commissione Ue, destinato ad aprire una procedura sui conti dell’Italia.
Forse è per questo che nei giorni scorsi il ministero dell’Economia ha dovuto rivedere le sue stime, soprattutto sul 2017. In una prima bozza erano più favorevoli. Permettevano di ipotizzare con più facilità che, rispetto al reddito del Paese, il debito pubblico sarebbe sceso sia quest’anno e il prossimo. L ’Upb non era convinto. Ha osservato che le ipotesi formulate dal Tesoro sulla crescita e sull’inflazione erano più rosee di quelle formulate in media dagli analisti indipendenti. Il governo prevedeva che l’economia italiana sarebbe stata grande circa 1730 miliardi alla fine dell’anno prossimo, un balzo di quasi cento miliardi dal dicembre scorso. Un risultato del genere sarebbe possibile con una crescita ben sopra all’1% sia nel 2016 che nel 2017, e soprattutto con un’inflazione sopra all’1,5% l’anno prossimo (calcolando anche i prezzi dei prodotti esportati). Su questa base il debito poteva sembrare più piccolo rispetto al prodotto interno lordo (Pil), dunque l’esigenza di interventi per farlo scendere sarebbe meno pressante: meno correzioni di bilancio, meno sacrifici.
Non tutti vedono una progressione di questo tipo, con un aumento del fatturato di una cinquantina di miliardi solo nel 2017. La media delle stime delle previsioni private vede in Italia meno crescita e meno inflazione. Proprio ieri l’indice dei prezzi per marzo si è confermato in caduta dello 0,2% rispetto a un anno fa. Alla fine dell’anno prossimo il prodotto lordo del Paese potrebbe essere di circa 30 miliardi più piccolo di quanto previsto dal governo a settembre scorso, eppure probabilmente dovrà sostenere la stessa massa di debito o anche qualcosa di più. È per questo che l’ufficio parlamentare ha chiesto una riscrittura più cauta delle previsioni del Def: un errore per eccesso di ottimismo, come accaduto tante volte in passato, rischierebbe squilibrare l’intero assetto della finanza pubblica nei prossimi anni.
Il ministero dell’Economia non ha respinto le osservazioni dell’ Upb. Ha corretto le previsioni al ribasso e il caso sembra chiuso, per ora. Resta aperto l’assetto del Def perché in teoria dovrebbe permettere un calo del debito sul Pil sia nel 2016 che nel 2017, oltre alla riduzione del deficit. Ieri l’Italia, la Spagna e sei piccoli Paesi dell’euro hanno chiesto alla Commissione Ue di cambiare il metodo di calcolo dei disavanzi al netto della congiuntura economica. È una richiesta tecnica, con un fondamento serio. Ma sul piano politico il confronto a Bruxelles sui conti pubblici si sta confermando tutt’altro che semplice, anche in questi giorni.
Italia, Spagna e altri Paesi: il metodo di calcolo dei deficit strutturali va cambiato Deflazione a marzo L’indice dei prezzi per marzo si è confermato in caduta dello 0,2% rispetto a un anno fa