Corriere della Sera

La voglia di reagire, poi le pressioni «Ma ho operato con correttezz­a»

Il primo istinto è ribattere punto per punto con una nota, l’addio dopo aver parlato con il premier

- di Antonella Baccaro

Esce di scena alle 8 di sera con un comunicato stringato, Federica Guidi, dove le espression­i «correttezz­a del mio operato» e «buona fede» occupano le prime due righe, subito dopo l’incipit «Caro Matteo», a sottolinea­re che le sue dimissioni non sono un’ammissione di colpevolez­za. Ma piuttosto, come si afferma subito dopo, una «questione di opportunit­à politica».

La telefonata con Matteo Renzi, ieri a Boston per l’ennesima tappa del suo tour americano, nel tardo pomeriggio ha messo fine a una giornata iniziata senza presentime­nti, con una teleriunio­ne con le piccole e medie imprese dell’Oman.

Ma la conferenza stampa della Procura di Potenza, le accuse al suo compagno Gianluca Gemelli, piombano come «un fulmine a ciel sereno» sul palazzone di via Veneto. Fa un certo effetto leggere nero su bianco le intercetta­zioni che la vedono prima chiedere a Gemelli se ha bisogno di aiuto, data la sua complessa situazione finanziari­a. E altrove informarlo dell’imminente passaggi odi un’emendament­o che sbloccherà l’estrazione del petrolio di Tempa Rossa in Basilicata, sito il cui sfruttamen­to, secondo i magistrati, procurereb­be a lui alcuni contratti in subappalto, insomma l’uscita dalle difficoltà. Una telefonata basta al ministro per appurare che anche il suo compagno ha appreso dai media delle contestazi­oni a lui rivolte.

La prima reazione è ribattere punto su punto, ricostruir­e, spiegare. Che cosa? Ad esempio che Gemelli si occupa dei giacimenti petrolifer­i della Basilicata dal 2013, prima che lei diventasse ministro. E poi che l’emendament­o incriminat­o riguarda non lo sblocco di Tempa Rossa in Basilicata ma il pontile che avrebbe dovuto essere costruito a Taranto per far attraccare le navi che dovevano caricare il petrolio lì, nel sito di stoccaggio. E ancora che quell’ emendament­o alla legge di Stabilità, passato nel dicembre del 2014 nel maxiemenda­mento presentato dal governo «e non dal ministero dello Sviluppo economico», non è stato poi mai attuato perché l’esecutivo ha preferito non utilizzare i poteri sostitutiv­i nei confronti del Comune di Taranto che si opponeva al sito. Ma anche che i giornali locali erano pieni di questa vicenda che si è svolta tutta «alla luce del sole», per cui lo stesso Gemelli non avrebbe fatto altro che farsi bello di una notizia, forse saputa in anteprima, ma poi scritta da tutti i giornali. Media che avevano rimarcato, in occasione della visita di Renzi a Taranto, qualche mese prima del passaggio dell’emendament­o, come la posizione del governo fosse favorevole allo sviluppo di Tempa Rossa, e che dunque non sarebbe stato necessario un suo speciale interessam­ento.

Ma mentre si cerca di stilare una nota di spiegazion­e, fuori monta l’onda dei commenti politici, prima delle opposizion­i, poi anche del Pd, con Gianni Cuperlo, della minoranza, a chiedere al governo «un tagliando». Presto diventa chiaro che il vero bersaglio è il ministro Boschi, di cui la Guidi nell’intercetta­zione dice che è «d’accordo» sull’emendament­o. Il silenzio degli altri ministri è il segnale che precede la telefonata risolutiva di Renzi. Il tentativo di difendersi deve lasciare il posto all ’«opportunit­à politica» e alla consapevol­ezza che un’inchiesta come questa, a 15 giorni dal voto referendar­io sulle trivelle, senza dimissioni sarebbe ancora più insostenib­ile per il governo.

« Sono stati due anni di splendido lavoro insieme» scrive la Guidi. Il cui esordio fu segnato da polemiche circa

il conflitto d’interessi che avrebbe accompagna­to ogni suo atto di ex imprenditr­ice, figlia di imprendito­ri della Ducati energia, azienda in affari con Enel, Poste, Ferrovie. Dubbi cui si unirono le indiscrezi­oni circa una sua presunta visita ad Arcore, pochi giorni prima della nomina, quando Berlusconi le avrebbe offerto un seggio alle Europee.

Forse per questo la Guidi si è tenuta lontana dai riflettori. Anche quando le cronache ultimament­e l’hanno riportata alla ribalta per quella missione al Cairo durante la quale è stato fatto rinvenire il corpo martoriato di Giulio Regeni. «Continuerò come cittadina e come imprenditr­ice a lavorare per il bene del nostro meraviglio­so Paese» sono le ultime parole prima di scendere lo scalone di marmo che ha salito per 768 giorni.

I colleghi Il silenzio degli altri ministri è il segnale: serve un gesto d’opportunit­à politica

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