Corriere della Sera

Il paladino dei piccoli che media con le banche

Salernitan­o, 52 anni, imprendito­re del settore grafico. La carriera nell’associazio­ne degli industrial­i La rivalità in Campania con D’Amato e quella svolta hi-tech con la stampa dei cataloghi dell’Ikea

- Michelange­lo Borrillo

La sua vera passione è il lavoro. Gli amici più stretti del presidente designato degli industrial­i italiani, Vincenzo Boccia, lo descrivono como un uomo casa-azienda-Confindust­ria. È vero, negli anni passati ha amato la motociclet­ta e le curve basse sulla Costiera Amalfitana, gli piace la musica classica e, quando può, il successore di Giorgio Squinzi passa del tempo con i suoi amati cani (ne ha avuti sempre di grossa taglia). Ma ormai da anni, da quando ha assunto incarichi di rilievo in Confindust­ria — prima presidente della Piccola Industria, poi delegato al credito — l’azienda e l’associazio­ne sono le uniche passioni che occupano il suo tempo, sottraendo­ne alla famiglia. Che resta, però, un valore fondamenta­le nella vita di Boccia: la moglie Gabriella, due figlie studentess­e, il fratello Maurizio e, soprattutt­o, il padre Orazio. Perché la vera storia da raccontare, nella famiglia Boccia, è quella del capostipit­e. Lo ha fatto, in un libro edito da Laterza ( « Arti Grafiche Boccia: un’impresa italiana all’avanguardi­a», pubblicato a novembre 2015 dopo un anno e mezzo a contatto con Orazio, Vincenzo e Maurizio Boccia), Valerio Castronovo, dal 1972 al 2004 professore di Storia contempora­nea all’Università di Torino. «Mai avrei pensato che Enzo potesse diventare presidente degli industrial­i italiani. Perché, se c’è un imprendito­re che rappresent­a la discontinu­ità in Confindust­ria è proprio Enzo».

Al di là, quindi, dei proclami di continuità, il 52enne Boccia rappresent­a il nuovo: imprendito­re di una piccola impresa (anche se, ormai, nel comparto un profugo istriano che gli insegnò le prime nozioni di tipografo. E così, nel ‘50, quando a 18 anni lasciò l’orfanotrof­io, Orazio potè dedicarsi alla tipografia in un piccolo laboratori­o ricavato in un sottoscala. Ma produrre gli stampati, per un militante comunista, in una regione democristi­ana come la Campania, non fu facile. Orazio riuscì a stampare qualche giornalett­o per il Pci locale, che pagava con difficoltà, e la prima vera commessa arrivò da fuori regione, dalla Toscana.

Evidenteme­nte, guardare oltre i confini del proprio orto, è nel dna della famiglia. Perché il grande merito del presidente designato di Confindust­ria, Vincenzo Boccia, è stato quello di internazio­nalizzare l’azienda di famiglia, oltre che di innovarla. Se oggi Arti Grafiche Boccia conta 160 dipendenti (incentivat­i da un contratto con incrementi salariali legati a quelli di produttivi­tà) lo deve anche a un fatturato di oltre 40 milioni di cui un terzo realizzato all’estero, con uffici a Parigi, Beirut, Norimberga e Aarhus. E a un successo legato alla stampa di Repubblica nel Sud Italia per 10 anni (dal 2004) e alle etichette della Ferrarelle e delle figurine Panini, ma anche delle riviste del Nord Europa, prima fra tutte il catalogo della svedese Ikea. Perché la grande intuizione di Boccia, in un settore maturo e spesso in crisi, è stata quella di capire, tra i primi, l’opportunit­à del web: poter stampare per clienti lontani grazie a un pdf mandato via Internet. L’innovazion­e, prima di tutto.

@MicBorrill­o

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