Corriere della Sera

Salvini, il tour della sicurezza in Israele «Ma io non voglio un mondo di muri»

Al check point con Gaza, poi in una fabbrica di filo spinato: per eliminarli servono regole

- DAL NOSTRO INVIATO Paolo Foschini

KEREM SHALOM ( ISRAELE) Lo scanner telecomand­ato passa ai raggi X 850 camion al giorno. Gli ultimi undici tunnel sono stati allagati dall’Egitto o sbriciolat­i da Israele con microterre­moti artificial­i. Insomma a Gaza non dovrebbe entrare (né da Gaza uscire) uno spillo che Dio o perlomeno Netanyahu non voglia. E l’ex militare Ani Shaked, il quale con duecento civili alle dipendenze del ministero della Difesa controlla il posto di frontiera merci più caldo del mediorient­e, fa una sintesi che naturalmen­te non stupisce gli esperti ma che per Matteo Salvini è toccante: «Certo, capita ancora che nei camion troviamo di tutto. Come le mimetiche militari del mese scorso, nascoste dentro scatole di indumenti per bambini. Ma sappiamo pure che dentro la striscia di Gaza vivono un milione e 800 mila persone, di cui il 58 per cento sotto i diciotto anni. Quasi tutte persone innocenti, che hanno bisogno di ogni cosa. In mezzo però ci sono 30 mila uomini armati, tra soldati di Hamas e terroristi. Il nostro compito è aiutare i primi a

L’incontro Le parole del capo dei controlli ai varchi: quello che accade qui, accadrà in Occidente

neutralizz­are gli altri». Matteo Salvini, alla testa di una delegazion­e della Lega che ha appena terminato la visita, si ferma davanti al muro e la sintetizza a sua volta in un tweet: «Trentamila soldati di Hamas (finanziati da chi?) tengono in ostaggio milioni di persone».

Eppure a guardarlo in faccia mentre ascoltava il racconto dell’ex soldato Shaked, a Matteo Salvini, si capiva che forse capiva quanto era tutto più complicato di uno slogan. Shaked, che oggi ha 56 anni e tra i vigneti di Kerem Shalom è cresciuto, dice che «non esistono soluzioni semplici, io lo so che se il mio vicino di casa ha fame e solo cinque ore al giorno di corrente elettrica, è un problema anche per me, ma la convivenza va costruita ogni giorno». Avverte: «È un problema di demografia. Quello che oggi succede in Israele succederà in Occidente». Sorride, saluta, torna al suo lavoro. La coda dei camion è lunghissim­a.

Per il segretario della Lega Nord è la conclusion­e di un viaggio in Israele volto ad accreditar­lo come interlocut­ore riconosciu­to, ma anche un’immersione dentro una politica di «sicurezza e difesa» che egli considera un modello (anche) di «responsabi­lità». D’accordo, appena l’altra mattina aveva riferito quasi gongolante del termine bullshit, stronzate, con cui il ministro da lui incontrato liquidava qualsiasi ipotesi di dialogo con l’Islam. Ora invece, davanti al muro di Gaza, Salvini dice «non voglio un mondo fatto di muri e filo spinato, ma per eliminare i muri servono regole. Ed è la politica delle sinistre a far sì che invece debbano restare in piedi». Poi vabbé, la giornata la chiude con una visita a una fabbrica di sistemi d’allarme e appunto filo spinato. Ma sono dettagli.

In fondo il giorno prima c’era stata l’altra visita importante di questo viaggio, quella al museo di Yad Vashem dedicato alla memoria della Shoah, e l’Italia sembrava lontana, anzi, «quanto è piccola la politica italiana vista da qui», aveva detto. Ma vale solo fino alle ultime ore prima del rientro: il viaggio è praticamen­te finito, e in realtà la testa di Salvini è già alla manifestaz­ione di oggi nel Paese dell’ex ministro Fornero. E alla dichiarazi­one con cui si congeda dal confine di Gaza: «Noi siamo pronti per governare con chi ci sta». Forse è Gaza a essere già lontana.

 ??  ?? Il muro Matteo Salvini, 43 anni, stringe la mano a un soldato di guardia a Kerem Shalom, al confine con Gaza ( Cavicchi)
Il muro Matteo Salvini, 43 anni, stringe la mano a un soldato di guardia a Kerem Shalom, al confine con Gaza ( Cavicchi)

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