Marò, Girone vede la svolta L’India apre al possibile rientro
La garanzia richiesta: i fucilieri siano presenti se il processo sarà a New Delhi
Anche le vicende che sembrano trascinarsi all’infinito prima o poi hanno una svolta. Nel caso marò è arrivata ieri e ha di molto aumentato le probabilità che Salvatore Girone rientri in Italia in tempi brevi, forse entro un mese. Inoltre, potrebbe mettere su un piano del tutto nuovo il caso dei due fucilieri di marina accusati di avere ucciso, mentre erano in servizio antipirateria, due pescatori indiani il 15 febbraio 2012.
Ieri, all’Aia, era in corso un’udienza del tribunale arbitrale che in futuro — da due a quattro anni — dovrà decidere dove si terrà il processo ai due marò, se in India o in Italia. In discussione era la richiesta di Roma di fare, nel frattempo, tornare in patria Girone. Gli avvocati di parte indiana stavano svolgendo le loro considerazioni quando uno dei cinque giudici arbitrali ha chiesto loro «cosa sarebbe accettabile per l’India».
Ha risposto il rappresentante politico del governo di Delhi, Neeru Chadha: «L’India necessita dell’assicurazione che sia garantita la presenza di Girone» a Delhi se il tribunale dell’Aia dovesse decidere che il processo si terrà lì. «Il tribunale arbitrale stabilisca le garanzie » , ha aggiunto. Un’indiscutibile apertura alla posizione dell’Italia, i cui avvocati mercoledì avevano garantito non solo che avrebbero rispettato ogni decisione futura del tribunale (e che quindi i due fucilieri affronteranno il processo dove i giudici decideranno) ma anche che erano pronti a dare garanzie come il controllo del passaporto del marò e la verifica dei suoi movimenti, se tornerà in Italia.
Naturalmente, non è ancora il via libera a Girone per rientrare. Questo lo dovranno stabilire i giudici arbitrali, nel giro di un mese, forse meno: e in questi casi la decisione non è scontata. Tanto che, alla fine dell’udienza, il rappresentante del governo di Roma, Francesco Azzarello, ha usato toni cauti e si è limitato a dire che l’Italia rispetterà ogni decisione del tribunale.
Tra l’altro, nella dichiarazione finale, la signora Chadha ha poi ribadito che l’India chiede che venga respinta la richiesta italiana e che la situazione odierna non cambi. Il ritenere, da parte di Delhi, «accettabile» il ritorno di Girone in patria in cambio di garanzie è comunque una netta svolta che i giudici terranno in gran conto.
Ed è una svolta nell’atteggiamento di Delhi sull’intero caso: è la prima volta che un governo indiano fa un passo per sbloccare una situazione che si trascina da quattro anni, segno che il primo ministro Narendra Modi ha deciso di fare muovere le cose, ormai diventate imbarazzanti e negative anche per il suo governo.
Il cambio di marcia è il risultato della decisione italiana di ricorrere all’arbitrato internazionale dopo che per molto tempo ci si era mossi tra errori e incertezze; della ricostruzione delle condizioni perché il ricorso potesse avere successo effettuata dal team legale guidato da Sir Daniel Bethlehem; di alcune pressioni politico-diplomatiche messe in campo di recente da Roma.
Ora si tratta di aspettare la decisione dell’Aia su Girone (Massimiliano Latorre è già in Italia in convalescenza) e di preparare poi il caso per l’arbitrato vero e proprio, cioè il giudizio su dove tenere il processo. I tempi saranno ancora molto lunghi, ma ieri un muro si è rotto.