Sul falso in bilancio la Cassazione risolve le incertezze dopo la nuova legge
Nel giorno in cui la galeotta paternità di un emendamento «petrolifero» alla legge di Stabilità costa le dimissioni a un ministro del governo, un altro emendamento governativo tuttora «orfano» (che nel 2015 inasprì le pene sui bilanci falsi per «fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero», ma amputò l’inciso
«ancorché oggetto di valutazioni» ) viene disinnescato nei suoi iniziali disastrosi effetti dalla Cassazione a Sezioni Unite, che ieri ha risolto il contrasto di verdetti insorto in seno alla Suprema Corte sulla punibilità o meno delle «valutazioni» false dopo la (complessivamente più severa) legge varata nel maggio 2015 dalla maggioranza di Renzi per cancellare le berlusconiane soglie quantitative, prevedere la procedibilità d’ufficio, e alzare le pene al record d’Europa sino a 8 anni. L’imperizia della tecnica legislativa era infatti stata tale da scoperchiare un paradossale vaso di Pandora di sentenze in Cassazione: una nel giugno 2015 aveva ritenuto il falso «valutativo» fuori dal perimetro del nuovo testo, un’altra nel novembre 2015 invece dentro, e un’altra ancora nel gennaio 2016 l’aveva contraddetta ed era tornata a prospettare che il testo avesse prodotto un effetto parzialmente abrogativo. Si era allora imposto un chiarimento in Sezioni Unite, convocate dal presidente Gianni Canzio. L’esito ieri (in attesa delle motivazioni) è che, anche con il testo amputato, il falso in bilancio «valutativo» resta punibile, ma ad alcune condizioni: e cioè se, «in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati», chi redige le comunicazioni sociali «si discosta» da questi criteri «consapevolmente» e «senza darne adeguata informazione giustificativa», in modo «concretamente idoneo» ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni. La presidente pd della commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, che di fronte alle sentenze «abrogazioniste» aveva invocato le opposte opinioni di cattedratici come i professori Francesco Mucciarelli e Sergio Seminara o di pm come il milanese Francesco Greco, ieri ha salutato nel verdetto della Cassazione una decisione che a suo avviso «mette un punto fermo riconoscendo la bontà della legge e l’impegno di governo e maggioranza», e «dà piena attuazione alla volontà del legislatore espressa in maniera chiara dal relatore David Ermini alla Camera».