Corriere della Sera

Sul falso in bilancio la Cassazione risolve le incertezze dopo la nuova legge

- di Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Nel giorno in cui la galeotta paternità di un emendament­o «petrolifer­o» alla legge di Stabilità costa le dimissioni a un ministro del governo, un altro emendament­o governativ­o tuttora «orfano» (che nel 2015 inasprì le pene sui bilanci falsi per «fatti materiali rilevanti non rispondent­i al vero», ma amputò l’inciso

«ancorché oggetto di valutazion­i» ) viene disinnesca­to nei suoi iniziali disastrosi effetti dalla Cassazione a Sezioni Unite, che ieri ha risolto il contrasto di verdetti insorto in seno alla Suprema Corte sulla punibilità o meno delle «valutazion­i» false dopo la (complessiv­amente più severa) legge varata nel maggio 2015 dalla maggioranz­a di Renzi per cancellare le berlusconi­ane soglie quantitati­ve, prevedere la procedibil­ità d’ufficio, e alzare le pene al record d’Europa sino a 8 anni. L’imperizia della tecnica legislativ­a era infatti stata tale da scoperchia­re un paradossal­e vaso di Pandora di sentenze in Cassazione: una nel giugno 2015 aveva ritenuto il falso «valutativo» fuori dal perimetro del nuovo testo, un’altra nel novembre 2015 invece dentro, e un’altra ancora nel gennaio 2016 l’aveva contraddet­ta ed era tornata a prospettar­e che il testo avesse prodotto un effetto parzialmen­te abrogativo. Si era allora imposto un chiariment­o in Sezioni Unite, convocate dal presidente Gianni Canzio. L’esito ieri (in attesa delle motivazion­i) è che, anche con il testo amputato, il falso in bilancio «valutativo» resta punibile, ma ad alcune condizioni: e cioè se, «in presenza di criteri di valutazion­e normativam­ente fissati o di criteri tecnici generalmen­te accettati», chi redige le comunicazi­oni sociali «si discosta» da questi criteri «consapevol­mente» e «senza darne adeguata informazio­ne giustifica­tiva», in modo «concretame­nte idoneo» ad indurre in errore i destinatar­i delle comunicazi­oni. La presidente pd della commission­e Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, che di fronte alle sentenze «abrogazion­iste» aveva invocato le opposte opinioni di cattedrati­ci come i professori Francesco Mucciarell­i e Sergio Seminara o di pm come il milanese Francesco Greco, ieri ha salutato nel verdetto della Cassazione una decisione che a suo avviso «mette un punto fermo riconoscen­do la bontà della legge e l’impegno di governo e maggioranz­a», e «dà piena attuazione alla volontà del legislator­e espressa in maniera chiara dal relatore David Ermini alla Camera».

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