LA STELE DI PASOLINI VANDALIZZATA NON BASTA UN MARTELLO PER DISTRUGGERE LA POESIA
«Ma quale poeta e maestro… Frocio e pedofilo, lui era questo». Si resta sbalorditi di fronte alla violenza di cui ancora oggi, a quarant’anni da un omicidio mai chiarito, è oggetto Pier Paolo Pasolini. Una sedicente Militia di estrema destra ha sfogato la propria imbecillità feroce contro la stele che ricorda il poeta nel Lido di Ostia, dove fu assassinato nel novembre 1975, distruggendola prima di lasciare lo striscione firmato. Non è escluso che, se avessero avuto sotto mano il corpo vivo di Pasolini, l’avrebbero ridotto come fu ridotto quella notte. Massacrato. Non fosse per il fatto che certe manifestazioni di brutalità incutono una sincera paura che sovrasta tutto, si potrebbe rimanere sorpresi dalla forza provocatoria che riesce a liberare ancora la figura di Pasolini. Per il suo incarnare lo scandalo come forse nessun altro poeta al mondo. Il monumento in travertino, opera dello scultore Mario Rosati, fu eretto nel 2005, accompagnato da lastre con incisi i versi dello scrittore. Il furore dei «militi» ha mandato in frantumi il più possibile: la stele e i pannelli. Le parole «poeta e maestro» sono così nobili che, a vederle lì, contrapposte alle altre due, moltiplicano l’offesa. Avranno mai letto una poesia, quei beceri omofobi? E anche cosa potrebbero capire dei versi lasciati da Pasolini, che pure nella sua travolgente utopia avrebbe voluto parlare anche a loro: «Solo l’amare, solo il conoscere conta...», stava scritto su uno di quei marmi. Per loro sfortuna non basta un martello per distruggere la poesia: semmai può valere il contrario. Qualche anno fa uscì un libro di Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti sul mistero della morte di Pasolini intitolato «Frocio e basta». Qualcuno criticò quel titolo così provocatorio che sembrava interpretare una violenza verbale ormai scemata. Oggi sappiamo che mai titolo fu più beffardamente realistico.