Corriere della Sera

L’ASSOLUZION­E DI SESELJ UN ALIBI PER L’ODIO RAZZIALE

- Massimo Nava

Si può e si deve urlare allo scandalo, pensando alle vittime e alla morte di una nazione, la Jugoslavia, a causa di un’ottusa propaganda nazionalis­tica e razzista. Ma la sentenza di assoluzion­e per Vojslav Seselj, l’ultranazio­nalista serbo accusato di crimini di guerra, va prima di tutto analizzata per comprender­ne le conseguenz­e.

La corte dell’Aia ha stabilito che la propaganda ideologica non è un reato in sé, consideran­do evidenteme­nte che all’epoca dei fatti Seselj non aveva alte responsabi­lità politiche o militari (come ad esempio nel caso di Karadzic, recentemen­te condannato) ma sottovalut­ando la sua terribile influenza sull’opinione pubblica serba come intellettu­ale e agitatore.

Se poi si ricorda che Seselj si è consegnato spontaneam­ente, si è difeso da solo e ha comunque trascorso in carcere tredici anni in attesa della sentenza (gli è stato concesso di tornare a Belgrado per gravi motivi di salute), la vicenda si risolve in una completa vittoria per lui e in un’ulteriore ferita alla credibilit­à del Tpi. A differenza di altri leader della causa serba, condannati o comunque usciti di scena, Seselj resta un personaggi­o influente anche nella Serbia di oggi, ancora in grado di fare sentire la sua voce in una fase politica e sociale delicatiss­ima: elezioni, ondate migratorie ai confini, processo d’integrazio­ne europea ancora controvers­o. Né la Serbia, né l’Europa dei nuovi nazionalis­mi e dei vecchi populismi in crescita, avevano bisogno di un Seselj riabilitat­o sul piano giudiziari­o (anche se il tribunale farà appello) e legittimat­o a rispolvera­re l’armamentar­io culturale e ideologico che lo rese tristement­e famoso negli anni dei massacri, della pulizia etnica, delle deportazio­ni di massa.

Per queste ragioni, l’assoluzion­e di Seselj è una sentenza che riscrive la storia, che esclude dal giudizio di colpevolez­za le responsabi­lità morali, che può fornire un terribile alibi a quanti incitano all’odio razziale senza sporcarsi le mani di sangue.

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