Corriere della Sera

L’Italia minore si scopre più bella con 145 opere d’arte ritrovata

- Di Pierluigi Panza

La missione impossibil­e che l’iniziativa «Restituzio­ni» ha reso possibile è stata quella di restaurare non solo dei celebri capolavori (com’è vizio diffuso), ma anche opere minori in centri minori d’Italia. «Restituzio­ni», il programma di restauro di beni pubblici e privati di Intesa Sanpaolo, in 27 anni ha restituito alla collettivi­tà circa mille opere, delle quali più di 200 di proprietà pubblica o ecclesiast­ica. Nel biennio 20142016 sono stati 145 i manufatti artistici recuperati attraverso l’impegno di 62 restaurato­ri e 60 studiosi. E da oggi, sino al 17 luglio, queste opere sono esposte alle Gallerie d’Italia di piazza Scala a Milano nella mostra La bellezza ritrovata, a cura di Carlo Bertelli e Giorgio Bonsanti.

L’idea di tutela del patrimonio anche minore e diffuso, presente sin dagli editti della Reverenda Camera Apostolica del 1701, 1704, 1733 e in diverse Carte del Restauro elaborate nel XX secolo in Europa, è uno Lotto ( Adorazione del Bambino dalla Basilica di Loreto) e Rubens ( Cristo risorto, Galleria Palatina) se ne aggiungono infatti molte altre «minori» che si scoprono di valore assoluto, come l’Annunciazi­one di Girolamo Mazzola Bedori (1540), con volti che sembrano rifiniti in ceramica. Si sono poi recuperate decine di sculture, manifattur­e, arredi liturgici e abiti da festa. Tra queste tipologie segnalerei il marmo del Cavaliere Marafioti da Locri, V secolo a.C., esposto nella grande sala d’ingresso, che presenta un raro motivo iconografi­co (sfinge e cavallo sovrappost­i); la lignea Madonna di Castelli (1130 circa) che rivela la qualità dell’artigianat­o medievale abruzzese e la policroma Armatura giapponese (XVII secolo) donata dall’imperatore Meiji a Vittorio Emanuele II nel 1869 e custodita a Torino. Alla seconda sfida, «Restituzio­ni» risponde con il recupero della tela Madre e figlio (1917) di Carlo Carrà (Collezione Jesi), nel corso del quale le indagini diagnostic­he hanno rilevato tracce di una versione precedente, con diversa prospettiv­a, elementi rettangola­ri e circolari al centro e differente manichino.

Riguardo al metodo, i restaurato­ri italiani sembrano essere ormai abbastanza consapevol­i di non dover ottenere alcun « ritorno all’antico splendore» (come i media non smettono incessante­mente di ripetere), bensì solo un ordinato lavoro di pulitura, custodia e soccorso. Lavoro che si vedrà anche in mostra, ove è attiva una officina-cantiere di restauro degli affreschi del XII secolo della chiesa di San Pietro all’Olmo di Milano.

Questa 17ma edizione viene esposta, per la prima volta, nelle Gallerie d’Italia, uno dei complessi edilizi storici che Banca Intesa ha messo a disposizio­ne della collettivi­tà. Proprio su questa riuscita missione, e sulla sinergia tra pubblico e privato, il presidente del Consiglio di sorveglian­za di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, ha voluto individuar­e l’aspetto testimonia­le di «Restituzio­ni»: «Tutto questo evidenzia che Intesa Sanpaolo è diventata un soggetto protagonis­ta civile e culturale in

molte città italiane. La nostra non è una partnershi­p finanziari­a con il soggetto pubblico, bensì una partecipaz­ione inclusiva che rinnova l’idea di democrazia, nel solco che il nostro Paese ha dato nelle sue stagioni più felici di promozione dello sviluppo sociale».

Il curatore Giorgio Bonsanti, già direttore dell’Opificio delle Pietre dure, e la sovrintend­ente della Lombardia, Antonella Ranaldi, hanno sottolinea­to come «Restituzio­ni» non solo mostri uno spaccato di quella grande officina artistica italiana di cui scrissero Longhi e Chastel, ma offra all’esercito dei restaurato­ri una speranza di occupazion­e e al restauro la possibilit­à di riaffermar­si come «primato italiano nel mondo». Tanto che si potrebbe definire parte dell’arte italiana come frutto di una continua officina di restauro e trasformaz­ione. Ciononosta­nte persiste in Italia un’oscillante identifica­zione legislativ­a e curricular­e per i restaurato­ri, esperti con conoscenze diversific­ate, da quelle umanistich­e a quelle di laboratori­o.

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