Corriere della Sera

Sex Pistols Punk, 40 anni da difendere

Polemiche per i festeggiam­enti della nascita La benedizion­e della regina fa sbottare i puristi

- Paola De Carolis

Su King’s Road sono più le Ferrari delle creste di capelli colorate; il night Roxy oggi è la sede londinese di un grosso marchio internazio­nale; spille e piercing hanno lasciato il posto ai tatuaggi; la controcult­ura e la ribellione corrono su Internet piuttosto che sulle corde di una chitarra. Oggi il punk rappresent­a una pagina di storia, ma il suo impatto vive tuttora nella musica, l’arte, la moda e la creatività del Regno Unito, così che a 40 anni dalla sua nascita Londra ne celebra l’importanza con un festival che comprende una mostra alla British Library, una rassegna di film al British Film Institute e una dozzina di concerti.

Che i fondi per il festival — Punk London il nome — provengano in parte dall’ente pubblico English Heritage, che l’omaggio sia organizzat­o nei templi dell’Establishm­ent e che tra i personaggi a favore ci sia il conservato­re Boris Johnson, sindaco della Capitale, nonché stando a indiscrezi­oni anche la regina, è un’ironia: il punk, dopotutto, era contro. Contro le convenzion­i, la borghesia, le tendenze di massa, la collettivi­tà. Se c’è chi spolvera borchie, trucco e stivali per partecipar­e al Rebellion Punk Rock Festival, al weekend punk del teatro Roundhouse o al festival di musica dell’isola di Wight, che quest’anno vedrà la presenza di gruppi storici come The Damned, i Buzzcocks e Iggy Pop, c’è chi pianifica «atti di ribellione » : come Joe Corré, fondatore della linea di biancheria Agent Provocateu­r nonché figlio di Malcolm McLaren e Vivienne Westwood.

Il 26 novembre, quarantesi­mo anniversar­io dell’uscita del singolo dei Sex Pistols «Anarchy in the U.K.», Corré darà fuoco alla sua collezione di cimeli punk (collezione che vale circa 7 milioni di euro). Dischi, fotografie, poster, abiti che erano in vendita nel negozio londinese dei genitori, Seditionar­ies: tutto finirà tra le fiamme. «Questi articoli — ha detto — rappresent­ano un’idea, un’idea che appartiene al passato ma che importa ancora», ha sottolinea­to. «Che l’anno del punk abbia la benedizion­e ufficiale della regina è una cosa terrifican­te. Quella che una volta era la cultura alternativ­a è stata ingoiata dall’establishm­ent, che ha ridotto un movimento sociale a un pezzo da museo». Corré ricorda che il God Save The Queen dei Sex Pistols, gruppo del quale il padre era il manager, accusava Elisabetta di aver creato un regime fascista, aveva scandalizz­ato il pubblico di allora ed era stata bandita dalla Bbc.

Per Andy Linehan, curatore Protagonis­ti Il produttore dei Sex Pistols Malcom McLaren con la stilista Vivienne Westwood; sopra la band negli anni 70; in alto, a sinistra, la copertina del singolo del gruppo «God save the Queen» della mostra della British Library (che aprirà a maggio) il festival londinese è la prova del successo del punk, non del suo fallimento. «Certo, era controcult­ura, ma oggi fa parte della nostra formazione», ha sottolinea­to, ammettendo anche che per lui, cresciuto a Londra negli anni 70, setacciare gli archivi alla ricerca di articoli rilevanti è stato «un enorme piacere personale e profession­ale». «Il punk ha avuto un impatto su tutto, dalla letteratur­a alla moda: se non ci fosse stato, la Gran Bretagna oggi sarebbe un Paese molto diverso».

È d’accordo Vivienne Westwood, una stilista che dal suo esordio ad oggi ha sempre seguito canoni personali senza curarsi delle convenzion­i e che ha portato la sua moda in prima linea nell’attivismo sociale e ambientale. «Il punk — ha detto — troverà sempre nuove espression­i perché rappresent­a il desiderio umano di fare cose nelle quali crediamo nel modo in cui crediamo, liberi dal controllo e dalle limitazion­i altrui». Don Letts, regista e dj che è stato una delle colonne storiche del Roxy Club di Covent Garden e a cui il British Film Institute ha affidato il suo omaggio al punk, dice di notare l’influenza della musica dei Sex Pistols, dei Clash e dei Ramones in alcuni filoni di oggi. «Ci sono generi, come il grime, che sono diretti discendent­i del punk». E il falò di Corré? «Peccato. Sicurament­e ha cimeli importanti».

Se c’è chi lo accusa di autopromoz­ione, Corré rimane fermo nelle sue convinzion­i. «Oggi — sottolinea — la società è malata, soffre di un malanno collettivo che ha portato la gente a sentirsi piatta e distaccata dalla realtà. Nessuno sembra più avere una voce, abbiamo smesso di lottare per le cose nelle quali crediamo. È ora di ricomincia­re».

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