Corriere della Sera

Arena di Verona, in liquidazio­ne l’ente lirico

I dipendenti bocciano l’accordo tra Fondazione e sindacati. Tosi: scelta sciagurata, azzerati i posti di lavoro

- Alessio Corazza

Sul sito web della Fondazione Arena di Verona sono regolarmen­te in vendita i biglietti per le rappresent­azioni della prossima stagione. Ma, se festival lirico sarà, potrebbe essere organizzat­o da qualcun altro. Non più dall’entità che, prima come ente lirico e poi come fondazione privata, da oltre un secolo porta ogni estate la lirica nell’anfiteatro di piazza Bra di fronte a migliaia di melomani, in larga parte stranieri, e che ora rischia di sparire, per sempre.

Il consiglio di indirizzo, che si è riunito ieri sotto la presidenza del sindaco Flavio Tosi, ha deciso infatti di mettere in liquidazio­ne la fondazione. La risposta più temuta dopo che, mercoledì, i circa 300 lavoratori tra orchestral­i, ballerini, tecnici e amministra­tivi hanno bocciato in un referendum — pur con soli due voti di scarto, 132 contro 130 — un protocollo d’intesa firmato dai principali sindacati (Cgil, Cisl e Uil) dopo una lunga e durissima trattativa. L’accordo contemplav­a tagli al costo del lavoro per ben quattro milioni di euro l’anno, ma non i circa ottanta «Senza contributi pubblici di istituzion­i, partiti, multinazio­nali, ma solo grazie al contributo volontario di comuni cittadini», come sottolinea­no i tre direttori artistici Michele Riondino (foto), Roy Paci e Diodato, torna per il quarto anno il Primo maggio di Taranto. Sul palco dell’appuntamen­to doppiament­e «alternativ­o», rispetto al concertone di piazza San Giovanni e per l’aria di lotta che vi si respira, saliranno, dalle 14 al parco archeologi­co delle Mura Greche: Litfiba, Afterhours, Luminal, licenziame­nti inizialmen­te ventilati dal neodiretto­re operativo Francesca Tartarotti, ex manager del Maggio Fiorentino arrivata a Verona a gennaio.

Salta così uno dei cardini del piano di risanament­o che avrebbe permesso all’Arena, gravata dai buchi milionari delle ultime stagioni e da un debito di lunga data ormai vicino ai 25 milioni di euro, di rimettere in equilibrio i conti. A questo si sarebbero aggiunti i Teatro degli Orrori, Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, Subsonica, Levante, Ghemon, Beatrice Antolini, Ministri, LNRipley, Renzo Rubino, Selton, Giovanni Truppi, Andrea Rivera, Punkreas e artisti tarantini da Mama Marjas a Fidoguido, Orchestra Mancina. Una line-up che si arricchirà di altri nomi. «Se lo vorrà, siamo pronti ad accogliere Celentano che ha citato nel suo blog i nostri bimbi di Taranto» l’invito degli organizzat­ori, il «Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti». Amnesty farà appello contributi straordina­ri stanziati dal Comune di Verona (grazie allo sblocco del patto di stabilità) e i fondi della legge Bray per le fondazione liriche Il sindaco: la stagione estiva non è a rischio, ma andrà organizzat­a con criteri privatisti­ci in difficoltà, cui l’Arena aveva chiesto l’accesso lo scorso 31 dicembre. Ora, invece, senza un piano validato di rientro, tutto è azzerato.

Lunedì partirà così la richiesta al ministero dei Beni culturali per la liquidazio­ne coatta dell’ente, che porterebbe al licenziame­nto automatico dei dipendenti. Ma non, assicura Tosi, alla rinuncia della stagione estiva, che a Verona muove un giro d’affari di circa mezzo In scena Un momento della «Carmen» diretta da Wellber all’Arena di Verona per il Festival 2015 miliardo. «Se la richiesta verrà accolta — ha spiegato ieri aggiunto Tosi —, dovrà essere definito un altro strumento che organizzi in maniera più privatisti­ca la stagione estiva in Arena. La decisione sciagurata dei lavoratori comporta l’azzerament­o di tutti i posti di lavoro».

La palla passa adesso ai tecnici del ministro Dario Franceschi­ni, che potrebbe optare per uno scenario meno drammatico come il commissari­amento. Toccherebb­e a un uomo del ministero rimettere insieme i cocci che a Verona, per cinque mesi, hanno tentato invano di ricomporre, da quando nel novembre scorso il sovrintend­ente Francesco Girondini ha azzerato il contratto integrativ­o. La risposta era stata l’occupazion­e della sede della fondazione per settimane, con i musicisti a improvvisa­re concerti in strada. La soluzione sembrava a portata di mano, con l’intesa raggiunta dai sindacati. Ma il no dei lavoratori ha aperto la strada verso il baratro.

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