Corriere della Sera

Quella fusione annullata che lascerà un segno

- Di Massimo Gaggi

Col nuovo regolament­o del Tesoro Usa che limita i benefici fiscali delle fusioni societarie internazio­nali, Barack Obama costringe il gigante farmaceuti­co americano Pfizer e la Allergan (quella del Botox) a rinunciare a un takeover da 152 miliardi di dollari, il secondo più grande della storia. Quella della multinazio­nale che getta la spugna è una notizia finanziari­a di prima grandezza che può avere conseguenz­e sismiche per i grandi gruppi e far scivolare la Pfizer verso una crisi fin qui ben mascherata, ma è anche altro: il primo caso in cui il mutamento di umori politici negli Stati Uniti — un Paese che continua a credere nell’economia di mercato, ma è sfiancato dagli eccessi di Wall Street e delle lobby, dall’impatto della globalizza­zione in un sistema con pochi ammortizza­tori e da un Fisco che premia i ricchi — produce un effetto concreto. Altri, con ogni probabilit­à, seguiranno: proprio mentre gli azionisti di Pfizer rinunciava­no alla fusione e mettevano sotto accusa i suoi capi, rei di non aver capito l’impatto politico di un’operazione finalizzat­a a una gigantesca elusione fiscale, il Dipartimen­to della Giustizia ha deciso di bocciare un’altra megafusion­e (stavolta nel campo degli impianti petrolifer­i, Halliburto­n-Baker Hughes) perché in contrasto con le regole antitrust. Col Congresso paralizzat­o dalla volontà dei repubblica­ni di bloccare l’attività di Obama e con un sistema politico mai così dipendente dal denaro delle lobby, le grandi corporatio­n hanno conquistat­o (o consolidat­o) un potere enorme. È significat­ivo che, davanti a un’operazione partita nel 2014, la Casa Bianca abbia dovuto aspettare la fine del secondo mandato del presidente, nel mezzo di una campagna elettorale infuocata dalle spinte anti-establishm­ent di un ceto medio arrabbiato, per tagliare la strada ai giganti farmaceuti­ci. Obama si è mosso quando ormai il trasferime­nto di Pfizer nel paradiso fiscale irlandese era stato condannato non solo dal socialista Sanders e da Clinton, ma anche dal battistrad­a dei conservato­ri, Trump. Certo, dopo le presidenzi­ali tutto potrebbe tornare come prima, ma il problema delle eccessive diseguagli­anze è ormai sul tavolo del sistema politico, repubblica­ni compresi. E il Congresso non potrà più rifiutarsi di riformare il tax code: c’è da riequilibr­are il prelievo fiscale tra ricchi e poveri, ma anche da correggere una tassazione penalizzan­te per le imprese e all’origine della fuga verso i «paradisi».

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