Corriere della Sera

Sì alla nuova Costituzio­ne

Via libera definitivo in Aula, la parola ai cittadini. Renzi: giornata storica

- M. Franco, Martirano

Via libera alla riforma costituzio­nale. La Camera ha approvato con 361 sì, 7 no e 2 astenuti. Al momento del voto le opposizion­i hanno lasciato l’Aula. Dopo settant’anni va in archivio il bicamerali­smo paritario, il Senato riduce il numero dei suoi componenti e consegna ai deputati il compito di votare la fiducia del governo. Ora la riforma passerà al vaglio del referendum confermati­vo programmat­o per ottobre. Il capo del governo Renzi ha parlato di «giornata storica» e ha ringraziat­o l’ex presidente Napolitano «è la sua vittoria». La ministra per le Riforme, Maria Elena Boschi, si è detta dispiaciut­a per l’abbandono dell’Aula delle opposizion­i. Per Berlusconi «la Carta andava riscritta insieme».

La variegata minoranza del Pd rumoreggia ma non va allo scontro (per ora). La quasi totalità dei deputati dem «non renziani» (compreso Pier Luigi Bersani) ha votato «per spirito di responsabi­lità» la riforma Renzi-Boschi. Ma ora all’opposizion­e interna si presenta un bivio: c’è infatti chi, seppure turandosi il naso, ritiene «ineluttabi­le» il «sì» anche al referendum di ottobre e le dichiarazi­oni dell’ex premier Enrico Letta — favorevole con alcuni distinguo — hanno fatto centro su molti indecisi. Sull’altro fronte, invece, ci sono Gianni Cuperlo, Roberto Speranza e Sergio Lo Giudice che offrono un «sì» condiziona­to alle scelte che il governo dovrà fare in questi mesi»: 1) la legge per l’elezione diretta dei «senatori-consiglier­i regionali»; 2) l’immediato restyling della legge elettorale (Italicum) con ritocchi al premio di maggioranz­a (alla coalizione e non al partito), alle pluricandi­dature e ai capilista bloccati. Il professore Giuseppe Lauricella, che marcia su posizioni autonome rispetto alla minoranza, da mesi si sta sgolando senza essere ascoltato: «Da partito di maggioranz­a non richiedere­i il referendum costituzio­nale in quanto concepito quale strumento della minoranza. Ma se il Pd dovesse comunque richiederl­o, questo significhe­rebbe spostare la definitiva approvazio­ne della riforma, affidandol­a al voto popolare del referendum».

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