IL PENSIERO SPEZZATO
Si stava dedicando a rimettere in ordine una casa di famiglia nell’Oltrepò pavese. Non si trovava a disagio in quel ristorante affollato di Milano, un mese fa. Un ristorante del centro, comune, dove si mangia in tavoloni assieme a sconosciuti; ci si doveva, per alcune cose, servire da soli: lui si muoveva lentamente. Era chiaro che doveva concentrarsi per farlo. I silenzi erano aumentati. Lo sguardo era il solito, quello un po’ fisso, di chi riflette attentamente sulle parole e sui concetti. Ma uno sguardo che si prolungava. Le persone attorno lo guardavano. Lo riconoscevano. Non sembrava infastidito.
Lui, il fondatore di un partito in grado di controllare un quarto dei voti in Italia, pareva preferire i suoi pensieri. Le idee sul mondo che si stava preparando; e che ha provato, riuscendoci in parte, a mettere in rete e in gioco assieme a un comico fattosi tribuno.
Chiamarle conversazioni, quelle con Gianroberto Casaleggio, non è del tutto esatto. Penetrare la sua apparente freddezza, interrompere il flusso delle riflessioni che sembravano accavallarsi una dietro l’altra nella sua mente rivolta al futuro, era difficile, quasi impossibile. Alle domande seguivano silenzi, a volte sorrisi. Seguiva percorsi di pensiero eccentrici, insoliti, che apparivano anche bizzarri, ma che tornavano sempre al cuore del suo interesse: le persone, la comunità, il loro governo, o meglio l’autogoverno. Era una sfida colpirlo con qualche considerazione. Non era facile, e non lo è stato anche in quell’ultimo incontro.
Ancora un paio di telefonate, prima di ieri. Ma su Beppe Grillo, lo spettacolo. È stato in quel paio d’ore di dialogo che si sono intrecciate Torino, la candidata Chiara Appendino, la campagna elettorale a Roma della 5 Stelle Virginia Raggi, poi il possibile leader candidato a premier e la tecnologia, la famiglia. Quella casa dove viveva con la seconda moglie e il figlio piccolo, con un bosco alle spalle e la terrazza affacciata sulla Valle d’Aosta, su quei vigneti coltivati nella cittadina a fianco, Carema, e il vino rosso prezioso che ancorava gli abitanti a quella terra.
Ma soprattutto il mondo che non sarebbe stato più lo stesso. Ne era convinto. Quando descriveva il suo immaginario futuro, o buttava lì previsioni che apparivano fuori da ogni logica apparente, diventava impermeabile alle facce incredule e a volte sprezzanti di chi lo ascoltava. Era un visionario, certamente. Sottovalutato, comunque poco compreso, da chi non ha amato e provato a capire cosa fosse e sia il fenomeno 5 Stelle.
È del 2008 quel video, Gaia, postato in Rete dalla Casaleggio Associati, nel quale prefigura per il 2054 un mondo senza divisioni, collegato in Rete, dove ti esprimi continuamente sul governo della tua comunità, alimentato non più da combustibili fossili e dove l’ambiente torna a essere pulito. Non più partiti, non più ideologie. È il 2008. Soltanto un anno dopo, Google lancerà il suo Page rank, il motore di ricerca basato su 57 «ragni» che piazzati nei computer di ognuno di noi iniziano quella rivoluzione in Rete e la creazione di una sorta di intelligenza collettiva che a volte sembra annichilirci quando scopriamo che la Rete sa molto di noi. Troppo. Era questo che immaginava Casaleggio per il 2054...
Ma pochi minuti dopo quel pranzo, avrebbe incontrato lo stato maggiore dei 5 Stelle per decidere cosa fare su Roma. Scovare Virginia Raggi era stato il colpo per tentare la scalata al Campidoglio. Perché vincere la corsa per il sindaco e poi, soprattutto, amministrare Roma, sarebbe stato il passaggio decisivo per poter pensare alle elezioni nazionali e candidarsi al governo. Altro che futuro. La concretezza dell’oggi, dell’uomo di impresa cresciuto all’Olivetti dopo gli studi al Feltrinelli, l’istituto tecnico milanese che, assieme all’Enrico Fermi di Roma, con le sue sezioni di informatica e nucleare, aveva rappresentato negli anni Sessanta e Settanta il top per un giovane che voleva collocarsi al confine più avanzato con la modernità e la scienza. Poi i tre anni di fisica e l’approdo a Ivrea. I viaggi all’estero.
L’Olivetti rappresentava il meglio dell’informatica non solo italiana «che perdeva o vinceva le gare con l’Ibm non con le piccole aziendine», come ebbe a dire. A Ivrea a scrivere software. Lì incontra la sua prima moglie, inglese, Elizabeth Claire Birks, oggi ritornata a vivere in Gran Bretagna, madre del primo figlio avuto a vent’anni, Davide. Il trentanovenne apparentemente taciturno ma con le idee molto chiare riversate in un libro ( Tu sei Rete con prefazione di un altro comico grande affabulatore, Alessandro Bergonzoni). Idee in linea con quelle del padre accanto al quale lavorava. Nel libro si parte ancora una volta dai singoli che, collegati in rete, «attraverso piccole cose cambiano le società».
Chissà il peso avuto da Adriano Olivetti, quello di Democrazia senza partiti, che scrive, nel 1946, che il popolo non è organizzato e «l’espressione della sua volontà è una mistificazione perché i suoi mediatori — i partiti — hanno perso il contatto con esso». La comunità «concreta a base territoriale» di Olivetti si trasforma, grazie a Internet, in una moltitudine di persone, comunità che interagiscono non solo e non più in relazione all’incontro fisico, in un luogo. Il virtuale diventa realtà. Ecco l’intuizione. La tecnologia non sta cambiando solo l’economia, il modo di produrre, ma anche le strutture sociali. Dopo Olivetti il passaggio in Finsiel (una delle poche grandi aziende di software italiana oggi scomparsa anch’essa), la guida di Webegg. L’incontro con la sua seconda moglie Sabina Del Monego. Un altro figlio. La scelta di vivere alle porte della Val d’Aosta.
L’anonimato ricercato ma impossibile con quel volto e i capelli inconfondibili, se non sulla sua collina. I rari incontri pubblici. Al Forum Ambrosetti di Cernobbio, al Corriere della Sera con i giornalisti che si sentono dire nel 2011 che «tra dieci anni non ci saranno tutti quotidiani di oggi». Avrebbe voluto scrivere ancora, non tanto, «una volta a settimana». Per dare corpo alle sue intuizioni e visioni. A quell’intelligenza collettiva, che però ha sempre bisogno di qualcuno che tiri le fila. E chi sarebbe stato questo qualcuno, potenziale presidente del mondo? La Rete, certo... Ancora un silenzio, un sorriso e un ultimo sorso di prosecco, mangiando una torta. Sapendo che i visionari molte forse le sbagliano, ma qualcuna di sicuro l’azzeccano.
È del 2008 quel video, Gaia, in cui prefigurava per il 2054 un mondo senza divisioni