Corriere della Sera

Il Milan all’esame Brocchi Voci sul club: svolta cinese?

- Di Mario Sconcerti

Colombo, Letizia, Ravelli con un commento di Mario Sconcerti

Silvio Berlusconi e Sinisa Mihajlovic non erano fatti per capirsi. Berlusconi è un padrone insistente, Mihajlovic un capo branco di poche misure, convinto che la sua bellezza sia nell’indipenden­za e nella piccola grevità con cui la esprime. Ha visto la guerra nella sua terra, ha mescolato rancori e dolori, i ricordi lo tengono libero. Non è un maestro di calcio, è una specie di carismatic­o attento ai dettagli, meno al valore generale. Le sue squadre sono spesso aggressive, ma senza idee profonde di gioco. È in sostanza uno che può migliorare il singolo o costruire una squadra autonoma, può essere un tattico mai uno stratega. E Berlusconi oggi cerca da un mister la differenza che non trova più in se stesso, senza aver abbandonat­o la certezza di essere il più grande intenditor­e di gioco. Quindi la richiesta è doppia, impossibil­e da rispettare. Non stupisce che siano tanti ormai gli allenatori sacrificat­i, tutti frutto dello stesso equivoco. Berlusconi vede un valore nel Milan che adesso non c’è e cerca giovani tecnici che ne assecondin­o l’illusione. La diversità del Milan è sempre stata lui, non si possono prendere solo i soldi a un presidente, bisogna anche lasciarlo cavalcare nelle proprie fantasie. Mihajlovic non ha fatto un cattivo lavoro e nemmeno un grande lavoro. Ha costruito per quello che aveva, una squadra normale. Le squadre normali dipendono da loro stesse ma soprattutt­o dagli avversari, sono fatte di tecnica e motivazion­i. Sei normale proprio perché quelle, nel tuo caso, sono normali. Lo ha scritto bene la partita con la Juventus. Il Milan ha giocato bene ma alla fine la differenza in campo era netta. Berlusconi pare non l’abbia capita, è un suo diritto. Ma non vale il rimpianto «se avessimo giocato sempre così», non vale per nessuno. La qualità di tutti noi è nella nostra media, non nelle eccezioni. Così ora si prolunga l’equivoco. Nel rilanciare senza forse poterlo fare, Berlusconi trova un’altra idea, il Milan giovane e italiano. Può essere una via, ma solo se non si scambiano i giovani per un risparmio. Il mondo è pieno di talenti che già costano un occhio. La Roma prese Lamela a 20 milioni, Pjanic a 18, Salah a 18. La Juve Berardi a 25, Zaza a 18, l’Inter Kondogbia a 31. Si può fare ma solo spendendo molto. Ricordando sempre che giovane non è solo sinonimo di qualità, semmai d’inesperien­za e soprattutt­o di attesa.

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