Corriere della Sera

I riti e la casa nel Canavese: parlava poco, uno come noi

- Elisa Sola

L’interesse per le malattie dei castagni e la cura delle api. Le camminate a valle per comprare le figurine al figlio più piccolo. E quel rito mattutino: l’acquisto dei giornali, le chiacchier­e con Anna, la signora dell’edicola. Il caffè al bar. Qualche volta, di ritorno dalle trasferte romane, una cena frugale al bar Ristoro, davanti al municipio. Verdure, a volte polenta. Quando c’era, la bagna cauda, vegetali crudi in salsa di acciughe. Gianrobert­o Casaleggio aveva scelto Settimo Vittone, un paese di mille abitanti nell’Alto Canavese, tra Piemonte e Val d’Aosta, per ritirarsi ogni volta che gli era possibile. Negli anni Novanta era salito fino a Caney, frazione trecento metri sopra al borgo. E aveva scelto, per viverci, una casa in pietra ( foto) che si affaccia sulla Dora Baltea. Intorno, le viti e gli ulivi sulle terrazze. Le pecore e il silenzio. «Evitate rumori inutili» è il cartello sulla cancellata. «Qui siamo in pochi e non parliamo tanto. E anche lui era così», spiega l’amica giornalaia. «Parlava dei figli che crescono e di cose comuni. Mai di politica. Era un papà che comprava i soldatini. E camminava tanto. Gli piaceva andare a piedi».

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