Corriere della Sera

Il Fmi gela l’Italia: crescita ancora bassa

Il Pil 2016 salirà dell’1%. Renzi replica: «I conti si fanno alla fine». Rischio Brexit sul commercio

- Massimo Gaggi

L’economia mondiale sta ancora crescendo ma a un ritmo sempre più lento mentre si moltiplica­no i fattori d’incertezza. Cresce il rischio di nuove crisi finanziari­e ma, soprattutt­o, può materializ­zarsi il pericolo di una «stagnazion­e secolare»: economie in stallo che non riescono più a crescere e a creare occupazion­e con conseguenz­e sociali e politiche imprevedib­ili. È molto allarmato, se non addirittur­a cupo, il quadro dell’economia mondiale disegnato ieri da Maurice Obstfeld, presentand­o l’edizione primaveril­e del «World Economic Outlook». Il chief economist del Fondo monetario internazio­nale giudica positiva l’azione di supplenza svolta in questi anni dalle banche centrali a sostegno delle economie, ma considera pressoché esaurito il margine di manovra della Federal Reserve, della Bce e degli istituti centrali di Tokio, Pechino e Londra. Ora tocca ai governi agire con interventi immediati (stimoli, investimen­ti in infrastrut­ture, modifiche della tassazione finalizzat­e all’aumento della domanda) e di più lungo periodo (riforme struttural­i): Obstfeld avverte che i governi non solo devono agire subito, ma devono farlo in modo tecnicamen­te preciso perché «non ci sono più margini per errori».

Questo vale in modo particolar­e per l’Europa e l’Italia. Nel caso del nostro Paese i fattori specifici di vulnerabil­ità sono due: il ben noto «handicap» di un debito pubblico molto elevato e le fragilità emerse nel sistema bancario. Nonostante gli sforzi fatti per contenere il deficit senza penalizzar­e la crescita, anche quest’anno, secondo il Fondo, l’Italia vedrà crescere disavanzo pubblico (2,7% rispetto al 2,6 del 2015) e debito (passerà dal 132,6 al 133% del Pil), mentre un calo è prevedibil­e solo a partire dal 2017. Sono numeri sensibilme­nte peggiori rispetto alle previsioni del governo. Perché? Troppe spese? «Non è questo il punto — prova a spiegare il capo della ricerca economica del Fondo, l’italiano Gian Maria Milesi-Ferretti, vice di Obstfeld — è il Pil che cresce troppo poco e quindi, anche se contieni le spese, il debito rispetto al Pil non può calare». Sul rallentame­nto dell’Italia (per il governo il Pil dovrebbe crescere dell’1,2% e dell’1,4 l’anno prossimo, per il Fondo l’1 quest’anno e l’1,1 nel 2017) pesano in modo particolar­e le difficoltà del sistema creditizio. Ma il premier Matteo Renzi non è preoccupat­o: «Dobbiamo uscire da questo costante esercizio intellettu­ale delle previsioni. Sono talmente tante che soltanto per orientarsi tra gli acronimi ci vuole un moderno Virgilio. L’anno scorso siamo cresciuti dello 0,8%, più delle stime. La verità è che i conti si fanno alla fine».

Le difficoltà specifiche dell’Italia vanno inquadrate in quelle più generali dell’Europa sulla quale, al di là dei fattori strettamen­te economici, pesano le difficoltà sociali legate all’afflusso massiccio di profughi dalla Siria e da altri Paesi africani e mediorient­ali sconvolti da guerre civili. Ci sono, poi, le tensioni politiche che tutto questo crea: la nascita di movimenti nazionalis­ti e xenofobi che indebolisc­ono la costruzion­e della Ue, sulla quale ora pesa il rischio Brexit, che potrebbe penalizzar­e ulteriorme­nte il commercio.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy