Corriere della Sera

IDEOLOGIA DI HITLER IL NAZIONAL-SOCIALISMO

- Porfirio Russo porfirio.russo@live.it

Ho trovato nel libro Adolf Hitler di Colin Cross una notizia che mi ha sorpreso. L’autore sostiene che dopo il termine del servizio militare il futuro Führer era diventato comunista e porta come pezze d’appoggio due testimonia­nze che comparireb­bero nel libro Storia delle origini del Nsdap (Partito nazionalso­cialista tedesco dei lavoratori) di Werner Maser. Il suo tentativo di essere ammesso in un partito di sinistra però non sarebbe stato accolto. Nel Mein Kampf non ne viene fatto cenno. A me pare una diceria perché per tutta la vita Hitler continuò a manifestar­e una fiera avversione nei confronti dell’ideologia marxista. E poi, se veramente avesse fatto delle avances, perché l’avrebbero rifiutato dato che era ancora uno sconosciut­o?

Mentre combatteva con il suo reparto nei pressi di Ypres, Hitler fu vittima del gas nella notte fra il 13 e il 14 ottobre 1918. Venne ricoverato nell’ospedale di Pasewalk in Pomerania e vi rimase fino al 19 novembre. Erano passati 11 giorni dalla conclusion­e dell’armistizio, quindi, allorché fu autorizzat­o ad andarsene. Ma non aveva casa o parenti e decise di tornare a Monaco dove era accasermat­o il reggimento bavarese in cui aveva combattuto dalla tarda estate del 1914. Riuscì a prolungare la data del suo definitivo congedo sino al 31 marzo 1920. Era ancora in ospedale, di conseguenz­a, quando a Berlino fu proclamata la Repubblica e a Monaco un socialista indipenden­te, Kurt Eisner, fece altrettant­o. Ed era ancora in uniforme il 4 aprile 1919, quando in Baviera fu instaurata una Repubblica dei Consigli, modellata sullo Stato sovietico che Lenin aveva creato a Pietrograd­o nel novembre di due anni prima. È molto improbabil­e quindi che Hitler, in quel momento, fosse attratto dal bolscevism­o, vale a dire da quella che sarebbe diventata, insieme all’ebraismo, la sua principale ossessione.

Sappiamo invece che nei quattro anni giovanili passati a Vienna, quando cercava inutilment­e di essere ammesso all’Accademia delle Belle Arti, Hitler fu interessat­o dall’attività dei sindacati e prese in consideraz­ione la possibilit­à d’iscriversi a uno di essi. Non sembra che abbia dato seguito a questa intenzione, ma era politicame­nte convinto che una forza politica, per avere successo, dovesse dare prova di una forte sensibilit­à sociale. La prima associazio­ne politica a cui aderì si chiamava Partito dei lavoratori tedeschi, e la parola «lavoratori» sopravvive nella denominazi­one del Partito nazional-socialista. Quando decise che occorreva dare al partito una bandiera, volle che fosse rossa con una svastica in campo bianco. Vi furono persino momenti, durante le sfilate nei quartieri popolari, in cui la svastica rimpicciol­iva e il rosso occupava la bandiera quasi interament­e. Hitler sosteneva che lo sciopero fosse legittimo, ma aggiungeva che sarebbe divenuto inutile non appena il nazional-socialismo avesse conquistat­o il potere. Fece una politica sociale quando lanciò il piano nazionale per la costruzion­e delle autostrade e delle autovettur­e popolari (le volkswagen). Ma il vero motore economico della politica hitleriana, dopo i disastrosi effetti della grande crisi del 1929, fu il riarmo: una politica che avrebbe soppresso qualsiasi garanzia sindacale e trasformat­o il popolo dei lavoratori in un popolo di soldati.

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