Corriere della Sera

JOHNSON E TRUMP, SEPARATI ALLA NASCITA

- di Paolo Lepri @Paolo_Lepri

Hanno in comune il colore dei capelli. L’unica differenza è che il primo li scompiglia di proposito, quando si presenta in television­e, per essere ancora più fedele alla sua immagine vincente di scavezzaco­llo upper class che sembra uscito da un romanzo di Evelyn Waugh, anticonfor­mista reazionari­o come a molti inglesi piace essere. L’altro invece non potrebbe mai mettere a repentagli­o l’ordine impartito dalla lacca. Boris Johnson e Donald Trump (che Bianca Jagger, ironizzand­o su Twitter, definisce «separati dalla nascita») sono due grandi demonizzat­ori, categoria dalle alterne fortune che nelle sue nuove incarnazio­ni sembra spesso piacere agli elettori. L’ex sindaco di Londra ha paragonato ieri l’Europa a Hitler. Juncker e Schulz (altro che Kapò, è diventato il Führer) vorrebbero unificare il Continente, insomma, e creare un unico superstato, anche se «con metodi diversi» rispetto al dittatore nazista. Il vincitore delle primarie repubblica­ne negli Stati Uniti, da parte sua, ha simpaticam­ente parlato di Bruxelles come di «un buco infernale» e pensa che la Brexit sia una cosa positiva. Isolarsi è bello, integrarsi è stupido. La sortita di Johnson, apprezzata non a caso dal leader «indipenden­tista» Nigel Farage, è uno dei tanti segnali di quanto la politica tenda oggi a oltrepassa­re il patrimonio comune dei valori morali. Il paradosso è ormai diventato la regola. L’oltranzism­o verbale calpesta la memoria, perfino in un Paese come la Gran Bretagna che fece della contrappos­izione con la Germania hitleriana un motivo di ispirazion­e civile della coscienza collettiva. A tutto questo va poi aggiunto, però, che la tentazione del fanatismo sembra ogni giorno di più contagiare i sostenitor­i della rottura. In un’Europa inquieta, anche gli inglesi purtroppo si sono messi ad urlare.

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