JOHNSON E TRUMP, SEPARATI ALLA NASCITA
Hanno in comune il colore dei capelli. L’unica differenza è che il primo li scompiglia di proposito, quando si presenta in televisione, per essere ancora più fedele alla sua immagine vincente di scavezzacollo upper class che sembra uscito da un romanzo di Evelyn Waugh, anticonformista reazionario come a molti inglesi piace essere. L’altro invece non potrebbe mai mettere a repentaglio l’ordine impartito dalla lacca. Boris Johnson e Donald Trump (che Bianca Jagger, ironizzando su Twitter, definisce «separati dalla nascita») sono due grandi demonizzatori, categoria dalle alterne fortune che nelle sue nuove incarnazioni sembra spesso piacere agli elettori. L’ex sindaco di Londra ha paragonato ieri l’Europa a Hitler. Juncker e Schulz (altro che Kapò, è diventato il Führer) vorrebbero unificare il Continente, insomma, e creare un unico superstato, anche se «con metodi diversi» rispetto al dittatore nazista. Il vincitore delle primarie repubblicane negli Stati Uniti, da parte sua, ha simpaticamente parlato di Bruxelles come di «un buco infernale» e pensa che la Brexit sia una cosa positiva. Isolarsi è bello, integrarsi è stupido. La sortita di Johnson, apprezzata non a caso dal leader «indipendentista» Nigel Farage, è uno dei tanti segnali di quanto la politica tenda oggi a oltrepassare il patrimonio comune dei valori morali. Il paradosso è ormai diventato la regola. L’oltranzismo verbale calpesta la memoria, perfino in un Paese come la Gran Bretagna che fece della contrapposizione con la Germania hitleriana un motivo di ispirazione civile della coscienza collettiva. A tutto questo va poi aggiunto, però, che la tentazione del fanatismo sembra ogni giorno di più contagiare i sostenitori della rottura. In un’Europa inquieta, anche gli inglesi purtroppo si sono messi ad urlare.