Corriere della Sera

Padre Cantalames­sa: accusano Francesco di pauperismo ma è tutto nel Vangelo

- di Gian Guido Vecchi

«Mi era capitato di predicare a Buenos Aires, l’ultima l’anno precedente. E quando Bergoglio venne eletto, e come tutto il mondo vidi la semplicità con cui si presentò alla Loggia delle benedizion­i, la prima cosa che pensai fu: lui è esattament­e così, non sta facendo nulla a beneficio dei media...». Padre Raniero Cantalames­sa, predicator­e del Papa e frate cappuccino, sorride: «Non mi sono mai ricreduto, il nome di Francesco non poteva cadere su spalle più degne».

Il discorso ai vescovi è esigente, si riuscirà a seguirlo?

«Diciamoci la verità, sono parole che farebbero paura, se non venissero da lui, che sappiamo come le vive. Del resto non si deve mai dimenticar­e che il sacerdote è scelto tra gli uomini per gli uomini, come dice Paolo nella Lettera agli Ebrei. Bisogna fare i conti con i limiti umani, che servono al sacerdote per avere compassion­e di chi fatica».

C’è chi ha accusato Francesco di pauperismo...

«Macché. Il pauperismo è già ideologia, questo è Vangelo puro e semplice. E poi, mi creda, un’immagine simile del sacerdote non la si traccia, se uno non la sente. Nelle parole del Papa si coglie una sintesi della spirituali­tà sacerdotal­e che va dal Curato d’Ars a Hélder Câmara. Sono consideraz­ioni che si ritrovano anche nei documenti del Vaticano II. Solo che leggere un documento è diverso. Lì dietro c’è la vita».

Il Papa dice che è uno «stile di vita semplice ed essenziale» a rendere i preti credibili. L’essenziale è la coerenza?

«L’essenziale è, anzitutto, la fede. Nel discorso del Papa, come accade per San Francesco, si coglierann­o soprattutt­o le parole sull’umilità, la povertà, il distacco dai beni. Tutto verissimo, ma questi sono i frutti. Spesso però manca attenzione alla radice che il Papa continua a richiamare: lo Spirito Santo, l’amicizia con Cristo. Al di fuori del legame con Gesù, questo programma sarebbe impossibil­e. I genitori sanno che i sacrifici per i figli diventano piccoli: certe cose si riescono a fare solo se alle spalle c’è l’amore».

Vale anche per San Francesco?

« Certo, perfino Dante si sbaglia quando parla delle famose nozze di Francesco con Madonna povertà. Chi legge le fonti francescan­e, sa che la donna era la vera religione, la perla preziosa era Cristo. Di conseguenz­a c’è anche la povertà, chiaro. Ma è un frutto di quella radice. Se uno non capisce San Francesco, fa fatica a capire anche Bergoglio».

Certo non è facile immaginare davvero la rinuncia alla «gestione delle strutture e dei beni economici»...

« Sono cose che si sono sempre raccomanda­te al clero, ma rimanevano un po’ così… Ora che le dice Francesco, che le incarna, assumono un’urgenza maggiore. Però...

Però?

«Il Papa dice di mantenere ciò che serve per “l’esperienza di fede e di carità del popolo di Dio”. Per operare, la Chiesa ha bisogno di alcune risorse. L’importante è non accumulare per me, ma spendere o conservare

II messaggio «L’importante è non accumulare per sé ma spendere e conservare per il popolo di Dio»

per il popolo di Dio. C’è una parola di Paolo: “Noi non vogliamo farla da padroni sulla vostra fede, ma essere collaborat­ori della vostra gioia”».

Resta la radicalità dell’appello, no?

«Dietro il radicalism­o di vita e di messaggio c’è una profonda vita spirituale e dedizione a Cristo. Quando nella predicazio­ne mi sento un po’ stanco, penso al Papa, quasi mi vergogno e riprendo coraggio».

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Teologo Padre Raniero Cantalames­sa, 81 anni, frate cappuccino, è predicator­e della Casa Pontificia (foto Ansa)

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