Corriere della Sera

Ma i soldati si mandano là dove c’è violenza

- Claudio Magris

Ma se in un primo momento si è pensato, giustament­e o no, di inviare soldati in Libia è proprio perché la situazione è a rischio e c’è pericolo di violenza armata. È solo per questo che si inviano soldati e non solo suore o personale sanitario ; è solo quando c’è pericolo che qualcuno spari che si mandano soldati per proteggere dal fuoco le persone prese a bersaglio, rispondend­o se necessario al fuoco. Si può decidere di non intervenir­e, di non impantanar­si in nessuna difficoltà, di lasciare che qualcuno uccida qualcun altro e di pensare solo all’interesse del nostro Stato e al benessere dei suoi cittadini, in divisa e no. È una posizione che può essere non meno sensata di altre. Ma dire che non si mandano soldati perché c’è il rischio di guerra è tragicamen­te comico; sarebbe come decidere di inviare i pompieri e poi ritirarli perché l’edificio ha preso fuoco. Fra l’altro, questa scenetta rafforza, ingiustame­nte, i pregiudizi e i sogghigni sul soldato italiano, spesso misconosci­uto nel coraggio di cui invece ha più volte valorosame­nte dato prova. Lasciamo ad altri la facezia su quel militare che proclama: «Se non vengono teniamo duro, ma se arrivano tagliamo la corda».

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