Il 2% l’anno in meno prima dei 66 anni
La proposta parlamentare più nota di flessibilità in uscita è quella presentata dal Pd, primi firmatari Cesare Diamano e Pier Paolo Baretta. Il primo è presidente della commissione Lavoro della Camera, il secondo sottosegretario all’Economia. La loro proposta, insieme con quelle presentate da tutti i gruppi è all’esame della stessa commissione. Prevede che si possa andare in pensione di vecchiaia a partire da 62 anni, con una penalizzazione del 2% sull’assegno per ogni anno di anticipo dell’uscita dal lavoro rispetto all’età di 66 anni (il taglio massimo sarebbe quindi dell’8%). La stessa proposta prevede che si possa comunque lasciare il lavoro andando in pensione anticipata senza penalizzazioni una volta raggiunti i 41 anni di contributi. Accanto alle penalizzazioni ci sarebbero dei premi per chi va in pensione oltre i 66 anni: il 2% in più fino a un massimo dell’8% per chi arriva a 70 anni. Questa proposta è stata bocciata dal governo perché troppo costosa e incompatibile con gli impegni di risanamento presi in Europa. Varianti che attutiscono la spesa prevedono penalizzazioni del 3% per ogni anno di anticipo e la cancellazione dei premi.