Il fondo di Oslo contro Vw: class action per le maxiperdite
di milioni. Ma anche perché ritiene che la governance societaria del gruppo di Wolfsburg sia all’origine di gravi distorsioni. Non è un passo usuale, quello dei norvegesi: di solito fanno pressioni sulle società in cui investono per migliorare le performance, ma non lo dicono in pubblico. Con Volkswagen sembrano esasperati: hanno così fatto sapere al Financial Times di avere avvertito il presidente del gruppo tedesco, Hans Dieter Pötsch, dell’intenzione di fare causa. Il fondo, che investe i proventi del petrolio a favore delle generazioni future, è il quarto azionista della casa tedesca, con l’1,64% del capitale. Nel sistema di governo del gruppo, però, non ha voce, come non hanno voce tutti gli azionisti non del cerchio magico al vertice. Ha però la reputazione di essere uno degli investitori mondiali più ricchi — 850 miliardi di dollari — e più attenti alle regole societarie e al buon funzionamento delle novemila aziende in cui investe. Il problema, secondo i norvegesi, è che lo scandalo delle emissioni, come altri due precedenti negli anni passati, nasce da un sistema di governo della Volkswagen oscuro, che favorisce pochi a scapito di molti. I pochi sono i membri del consiglio di sorveglianza: su 20 membri, dieci sono rappresentanti dei sindacati; otto rappresentano i tre maggiori azionisti, cioè la famiglia Porsche-Piëch, il Land della Bassa Sassonia e il fondo sovrano del Qatar; uno è Pötsch; e solo il ventesimo può essere considerato un consigliere indipendente. Nell’oscurità degli accordi tra i membri, la società è inefficiente, soggetta a errori e a scelte non etiche — ritengono i norvegesi. Il guaio è che anche dopo l’imbroglio del diesel le cose non stanno affatto cambiando.
Norges è il maggiore fondo sovrano al mondo, quarto azionista Vw con l’1,6%