Cassa Bolzano, i verbali di Bankitalia sugli ex vertici
( m. ger.) Stavolta a Bolzano fanno sul serio. E affilano le armi legali per chiedere conto dei danni provocati dalla vecchia gestione che ha portato la Cassa di Risparmio di Bolzano-Sparkasse sull’orlo del commissariamento, con un buco di quasi 300 milioni. Dopo lo stallo di fine marzo, con la decisione rinviata, ora il consiglio di amministrazione, espressione della Fondazione in maggioranza, ha riconvocato in assemblea per il 31 maggio i 26.300 soci con un ordine del giorno molto chiaro: «Azione di responsabilità verso i precedenti amministratori, sindaci e direttore generale». La Sparkasse (124 filiali tra Monaco di Baviera e Milano) è la più importante realtà finanziaria dell’Alto Adige. E la vicenda di clientelismo e malaffare che l’ha travolta prima del giro di boa nel 2015 ha lasciato il segno. Se oggi la Cassa di Bolzano, rimessa in pista dal nuovo management guidato dal presidente Gerhard Brandstatter ( foto) e da un aumento di capitale da 270 milioni, si prepara a chiedere il conto a vari esponenti del vecchio «regime» (per decine di milioni a quel che si dice) è anche perché la Banca d’Italia in un’ispezione chiusa il 6 marzo 2015 aveva fatto emergere un «sistema Bozen» che, almeno finché gli anticorpi non si sono attivati in extremis, assomigliava a certe pratiche in voga a Vicenza, Arezzo, Montebelluna, Spoleto, Ferrara ecc. Alla Sparkasse, disastroso è stato il sostegno alla controllata Raetia, una sgr che gestiva fondi immobiliari. Gli amministratori indipendenti formavano un Comitato che «non ha mai emesso pareri negativi o condizionati — è scritto nel verbale ispettivo di Bankitalia — nel biennio 2013-2014». Dunque erano «indipendenti» perché, indipendentemente da ciò che gli mettevano sotto il naso, approvavano qualsiasi cosa. In quei due anni la cassa ha generato 270 milioni perdite. «Emblematica — scrive ancora Bankitalia — la condotta tenuta nei confronti del gruppo Caser & Corona (da cui sono emerse perdite per 13,4 milioni)». Il passaggio a sofferenza del gruppo è del 2013 ma già nella delibera di concessione del finanziamento (2005) «la capacità restitutiva veniva messa in dubbio». Tuttavia l’operazione «veniva concessa». Anche perché il signor Caser era membro della Fondazione controllante. Ora i soci sono stati richiamati in assemblea per chiudere i conti con chi ha rischiato di far saltare la banca numero uno dell’Alto Adige.
Al via il maxi-processo Ilva
( f. sav.) Oggi, quattro anni dopo. Al via al tribunale di Taranto il maxi-processo per (presunto) disastro ambientale a carico di diversi imputati, tra cui, tra gli altri, Fabio e Nicola Riva e l’ex governatore della regione Puglia, Nichi Vendola. Dal 2012 ad oggi l’impianto siderurgico ha perso 3,3 miliardi di euro. Da quando è scattato il sequestro degli altiforni e sono subentrate le gestioni commissariali l’Ilva ha fatto registrare una perdita secca di 619 milioni nel 2012, di 910 milioni nel 2013, di 641 milioni nel 2014 e di 917 milioni nel 2015. Secondo la famiglia Riva e gli Amenduni (altro socio storico dell’Ilva) si tratta di un esproprio avvenuto in maniera illegittima. Certo, al netto delle logiche di parte, quattro anni senza una sentenza sono tanti. Nel frattempo è iniziato un processo di vendita, in cui sarà necessaria una nuova bad company.
@fabiosavelli