Il viaggio di Jim nel New Jersey tra Dante, Petrarca e l’anarchico Bresci
CANNES Benigni lo scoprì trent’anni fa, ai tempi di Daunbailò: Jim Jarmusch sa tutto di Dante. «Conosce e ama la letteratura italiana, antica e moderna». Se ne è innamorato — insieme ai poeti della scuola newyorkese — da studente alla Columbia University. Non si stupirà, quindi, l’amico Roberto, di trovare nel pantheon del conducente di autobus di una cittadina del New Jersey, nonché aspirante poeta — l’Adam Drive di Paterson —, accanto a William Carlos Williams e Allen Ginsberg, Alighieri e Francesco Petrarca. Il primo nell’immaginetta che il tenero Paterson porta sempre con sé nel portapranzo. L’altro citato dalla moglie, Golshifteh Farahani, che si chiama, guarda un po’, Laura. «Sono poeti immensi, un grande regalo per il mondo» commenta il regista che già in Mistery Train non permetteva a Nicoletta Braschi di staccarsi dalla copia dell’Orlando furioso di Ariosto. Ma persino Benigni, forse, resterebbe colpito da un altro celebre italiano citato nel film, l’anarchico Gaetano Bresci. Il regicida di Umberto I il 29 luglio 1900. Sono due giovani passeggeri dell’autobus guidato da Paterson (Kara Hayman e Jared Gilman) a citarlo («Ne storpiano il nome, da Bresci a Breschi»). Operaio tessile, dalla Toscana emigrò negli Usa, verso «Silk City», una Prato d’America. «Uno dei più importanti centri all’epoca — spiega Jarmusch — meta di italiani e irlandesi con un alto tasso di lavoro minorile. Bresci fu uno dei leader del movimento anarchico di Paterson». Uno dei fondatori del Gruppo dei diritti dell’esistenza e della rivista Questione sociale. Poi, dopo le cannonate di Bava Beccaris a Milano, se ne tornò in Italia. Il resto, è storia nota.