Corriere della Sera

Se il giovane condannato impara a farcela da solo

- Di Dacia Maraini

Si fa fatica a separare la giustizia dalla vendetta. Anche le persone più aperte, di fronte a un delitto, raccomanda­no di «sbattere in cella e gettare via la chiave». Siamo ancora lì a godere della punizione, contenti che il predatore soffra le stesse pene del predato. Ci sono voluti secoli di rivoluzion­i, studi e esperiment­i per arrivare a considerar­e la vendetta come un piacere illecito. Niente risposte impulsive, ma strutture legali da affidare a competenti, assicurand­o al colpevole la sua difesa, e la possibilit­à di pentirsi. Il pentimento non è solo un sentimento cristiano, è la base di una trasformaz­ione interiore che appartiene a ogni persona. La legge agisce oggi in questo senso, ma la mentalità corrente fatica a seguirla. Ascoltando la bella trasmissio­ne di Radio3, «Uomini e profeti» di Gabriella Caramore, mi sono imbattuta in don Ettore Cannavera che ha formato in Sardegna una comunità, «La Collina»,in cui accoglie ragazzi condannati per pene che vanno dall’omicidio al traffico di droga. L’ho rintraccia­to e ci siamo parlati. Don Ettore mi ha spedito una montagna di materiale. I ragazzi della Collina imparano un mestiere, studiano, guadagnano soldi per il proprio sostentame­nto (don Ettore sostiene che l’ozio e la dipendenza portano alla disgregazi­one psicologic­a), e si scelgono la vita che vogliono. Naturalmen­te sono incoraggia­ti, guidati, finché non diventano autonomi, ma l’idea che il lavoro non sia sfruttamen­to ma autonomia, che la collettivi­tà sia un fattore di crescita, crea orgoglio e rispetto di sé. Si cerca di costruire in questi ragazzi il senso della responsabi­lità e la riuscita è straordina­ria. «Nessuno nasce criminale, lo diventa», come ama dire don Ettore. Molti si chiedono se questo lavoro di recupero umano sarebbe possibile anche con criminali adulti incalliti. I dubbi sono molti, perfino da parte di don Ettore. Ma coi ragazzi funziona. «Da noi il giovane può incontrare familiari e amici, può uscire accompagna­to dagli operatori, frequentar­e persone diverse da lui per origine, cultura e religione. Per stare in Collina naturalmen­te ci sono regole rigide: non è tollerato nessun tipo di assistenzi­alismo: ognuno ha un lavoro da svolgere e deve pagare il suo sostentame­nto». Solo gli insegnanti,gli psicologi sono pagati dalla Regione sarda. Per il resto si mantengono da soli. Ed è questa la terapia vincente. Date le ottime risposte, non sarebbe da applicare questo metodo in tutto il Paese?

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy