Conte esce da Calcioscommesse Cade l’accusa di frode sportiva
«Finisce un incubo, ho sofferto tanto, ora sono un uomo più forte e motivato» Doni, Signori, Mauri, Pellissier «regge il quadro accusatorio»: rinviati a giudizio per associazione a delinquere
CREMONA Il gup Pierpaolo Beluzzi legge velocemente, si fatica a cogliere lo scandire delle parole, ma quell’«assolto» vicino al nome di Antonio Conte (e del suo vice Angelo Alessio) emerge subito con nettezza. È passata da poco l’una e il c.t. della Nazionale, nonché strapagato allenatore del Chelsea, esce dal processo Calcioscommesse dopo quattro anni di accuse e sospetti. «Un incubo — scriverà Conte su Facebook — che a tratti mi è sembrato non potesse mai finire». Era una posizione marginale nell’inchiesta, è diventata quella che si è mangiata tutta l’attenzione.
«Il quadro accusatorio nel complesso ha retto», commenta il pm Roberto Di Martino (che probabilmente non impugnerà) a ragione: i patteggiamenti sono arrivati a 17; gli imputati per associazione a delinquere restano di competenza del tribunale di Cremona e sono stati tutti rinviati a giudizio, da Signori a Doni, da Mauri a Pellissier: per loro (una cinquantina) appuntamento il 6 dicembre in aula. Gli imputati per il solo reato di frode sportiva (quelli accusati di aver taroccato singole partite), invece, sono distribuiti nei vari tribunali competenti sulle combine.
Ma per quanto riguarda Conte, anche se l’assoluzione è con formula dubitativa (prova incompleta), l’accusa di frode sportiva per AlbinoLeffe-Siena (29 maggio 2011) è crollata. Il pm aveva chiesto sei mesi di reclusione e 8 mila euro di multa: pena minima, macchia enorme sul curriculum. «Avevamo l’esigenza di uscire al più presto dal processo — spiegano gli avvocati Francesco Arata e Leonardo Cammarata — perciò siamo stati quasi costretti a chiedere il rito abbreviato: una scelta forte e rischiosa». Che ha pagato.
Intanto, la premessa del gup — si legge nel dispositivo — è che il c.t. non sapeva che attorno a quella partita ci fossero scommesse. «Un quadro gravemente deficitario in riferimento alla prova della conoscenza da parte degli imputati Conte e Alessio della esistenza di operazioni di scommesse collegate a partite del Siena, e di eventuali ipotesi/ proposte di corruzione». Ma — anche se restiamo nel quadro di un accordo tra giocatori all’ultima di campionato —, il «benestare» fornito da Conte non è provato. Dalle stesse dichiarazioni dei grandi accusatori, i giocatori Carobbio e Coppola, «non è possibile ritenere che la coppia Conte–Alessio avessero “aderito” all’accordo criminoso, apportandovi un proprio concreto contributo causale: è unicamente un atteggiamento “connivente”, di sostanziale indifferenza (“laissezfaire”)».
Bisogna dunque passare alla contestazione per condotta «omissiva», ovvero non qualcosa che Conte ha fatto ma qualcosa che non ha fatto per impedire la combine e che avrebbe dovuto fare. Ma, a parte che l’omessa denuncia è materia della giustizia sportiva, Conte cosa poteva fare? Per esempio, non far giocare chi aveva detto sì alla combine. Ma questo presuppone la certezza che lui «fosse a conoscenza dell’accordo», che «sapesse quali giocatori vi partecipavano» e «fosse nella materiale possibilità di sostituirli». E anche per questi punti c’è «un difetto di prova». Assoluzione, dunque. Per la gioia del c.t.
«Quattro anni fa, con la perquisizione avvenuta nella mia abitazione alle 5 del mattino iniziava un periodo da incubo — il commento di Conte —. Chi mi è stato vicino e mi conosce, sa quanto io abbia sofferto alla sola idea che si potesse accostare il mio nome alla vergogna del calcioscommesse. Sono un uomo di sport e non conosco altro modo di arrivare al successo se non attraverso il sacrificio e la totale dedizione. È stata un’esperienza terribile che ho affrontato a testa alta. Lo dimostra il percorso che ho deciso di intraprendere all’interno del processo, senza cercare comode scappatoie. Ne è uscita una persona più forte e più motivata».
A processo