L’offerta dello sport in tv: qualità e regole della narrazione
Esiste un sport più televisivo degli altri? O meglio, esiste uno sport che si offre alle telecamere con maggiore docilità? Il pomeriggio di domenica 15 maggio resterà negli annali per la quantità e la qualità di competizioni offerte in un’incredibile sequenza. Alle 14 c’era la Formula 1, con il Gran Premio di Spagna, vinto da un ragazzino, Max Verstappen, dopo l’autoscontro fra le due Mercedes.
Subito dopo la cronometro del Giro d’Italia: tracciato difficile da interpretare e da seguire, caratterizzato dall’assenza di pianura e di rettilinei. A complicare le cose si è messa però anche la pioggia, clemente con i primi corridori, ostile con i campioni. Poi il tennis, sulla terra rossa di Roma: nel giorno del suo 29esimo compleanno Andy Murray vince per la prima volta in carriera gli Internazionali d’Italia, battendo Novak Djokovic.
Poi il calcio, tardo pomeriggio e sera. Si lottava per la salvezza e alla fine, per un pelo, ce l’ha fatta il Palermo sconfiggendo il Verona. Forse ho dimenticato qualche altro sport. Ma torniamo alla domanda di partenza: esiste uno sport che si offre alle telecamere con maggiore docilità di altri? Nell’interpretazione conta moltissimo il tifo, che significa partecipazione, disinteresse per le tecniche di ripresa o cose del genere. La Formula 1 offre una tecnologia all’avanguardia, ma per ravvivare il racconto servono ormai, è triste dirlo, gli incidenti. Il ciclismo è lo sport più difficile da rappresentare: necessita di formidabili mezzi tecnici. Il tennis non ha bisogno di mobilità (teoricamente basterebbe una sola telecamera) e la tecnologia è al servizio del gioco (tipo l’occhio di falco).
Il calcio, infine, è prigioniero della Regia Unica (voluta da Infront) ed è troppo dipendente dalla telecronaca.Adesso va di moda la parola storytelling e tutti giurano che lo sport tanto più sarà televisivo quanto più saprà sottostare alle regole della narrazione. Come se fosse facile.