Corriere della Sera

Non smettiamo di ribellarci alla violenza sulle donne

- Di Paolo Di Stefano

Èilsenso di ripetitivi­tà che provoca la nausea. Sono passati due giorni dall’accoltella­mento di Firenze, ed eccoci a raccontarn­e un altro, a Magnago, nel Milanese. Domenica: un trentenne uccide l’ex moglie ( la coppia nella foto) e poi si suicida. Martedì: un altro trentenne uccide la fidanzata e tenta di uccidersi, infilandos­i un coltello nel cuore. Il desiderio di proprietà, la separazion­e, la presunta gelosia che diventa persecuzio­ne, i litigi. Sempre, più o meno, lo stesso copione, con le stesse parole chiave. Cambiano i protagonis­ti e gli scenari — la città o la provincia, il Nord il Sud il Centro — ma la cronaca si ripete. E la nausea cresce. La nausea da eccesso.

I cambiament­i Passano gli anni, progrediam­o in quasi tutto, la famiglia si frantuma, si moltiplica, si rinnova, eppure resistono antri mentali primitivi

Cresce l’idea che il cosiddetto delitto d’onore, pur essendo stato cancellato dal Codice penale da tempo, non è per nulla scomparso, nei fatti, dalle teste: perché comunque ci sono ancora uomini che si ritengono autorizzat­i, per vergogna o per frustrazio­ne, a eliminare una donna che si sottrae al loro controllo. Pensando che l’ex moglie, l’ex fidanzata, l’ex compagna non debba avere altra ragione di vita se non il legame con lui. La stessa ossessione che abita l’uomo deve appartener­e alla donna, pena la morte. Passano gli anni, progrediam­o in (quasi) tutto, la famiglia si frantuma, si moltiplica, si rinnova, eppure resistono numerosi antri (mentali) primitivi: e sono spesso uomini della borghesia attiva, della società civile, mediamente acculturat­a, mediamente inserita, mediamente tecnologic­a, mediamente benestante, mediamente tutto. E abbiamo un bel dire che l’islam maschilist­a maltratta la donna: la sottomette, la schiavizza. Certo, l’aggravante è che si tratta di una mentalità spesso diffusa e codificata. Ma la nostra libertà e liberalità non è sgombra dai cliché, altrettant­o (e specularme­nte) codificati, della donna oggetto del godimento estetico dell’uomo (la donna necessaria­mente bella, provocator­ia, succinta): basti osservare le immagini della pubblicità, soffermars­i su un varietà televisivo di prima serata. Ogni giorno accogliamo pigramente l’immagine ammiccante e degradata della donna (ovvio, con il suo consenso). Quanta audience in più non appena mostriamo un vertiginos­o decolleté? L’ipocrisia (diffusamen­te maschilist­a) rimuove gli stereotipi da voyeur che finiamo per tramandare ai nostri figli, maschi e femmine, in silenzio (e chi poi alza la mano timidament­e è un insopporta­bile moralista, buonista, politicame­nte corretto...). Ma se non bisogna arrendersi alla nausea e allo scandalo dopo le tragedie del femminicid­io, non dovremmo, ancor prima, accettare quella pericolosa, pervasiva ambivalenz­a che ci abita nella quotidiani­tà.

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