Canada, la moglie di Trudeau
Quando una first lady ha bisogno dello «staff»
Il caso di Sophie Grégoire Trudeau, moglie del bellissimo premier canadese sopraffatta dagli impegni e criticata per aver chiesto «uno staff», più che una querelle femminil-politicopop, è un’occasione. Per riproporre l’abolizione del ruolo di first lady, uno dei più scemi nella società contemporanea. E per chiederci, noi dei media che ci lanciamo sulle notizie facili, piacevoli, non troppo controverse che queste first lady generano, se siano davvero notizie, se siano davvero interessanti, se invece non aiutino a perpetuare la funzione subalterna e decorativa delle mogli di governo e non solo. Che poi, tra i due, il più decorativo è il marito Justin, si sa. Grégoire Trudeau non ha fatto una richiesta insensata. È la metà della political couple più ganza del pianeta dopo gli Obama in uscita a breve. È richiestissima. Non riesce a tener dietro a impegni e inviti. Vuole occuparsi di donne e disordini alimentari (avrebbe successo solo se ingrassasse e girasse per le scuole sfoggiando fiera pancia e sederone; nessuna dea bionda ha mai rassicurato una ragazzina che mangia troppo o troppo poco, è noto, ndr). Ha prodotto, su giornali e social network, un putiferio: molti la attaccano perché vuole un staff a spese dei contribuenti, soprannominano i Trudeau «Trudashian», hanno creato l’hashtag #PrayForSophie, pregate per la povera Sophie. Altri la difendono, come l’editorialista del Guardian Suzanne Moore, che la apprezza per aver detto la verità sulle donne multitasking. Però, lei e altre/i, in futuro, potrebbero essere multitasking su cose loro. Abolire la ghettizzazione dorata delle mogli da esposizione potrebbe riportare la conversazione su problemi veri (poi vabbe’, a sud del Canada si scaldano in panchina il dilagante Bill Clinton e la non simpatica Melania Trump, e quell’elezione cambierà il ruolo; comunque; si spera). Il corsivo del giorno