Il bonus trivelle resta nel cassetto
Ma ora Viggiano teme per lo stop al centro oli sotto accusa
Il paese del petrolio non sa spendere il suo tesoretto. Di Viggiano si parla solo per quello. Nel comune della Val d’Agri l’Eni ha iniziato a estrarre dal 1996 e dal 1998 a dare royalties. Fino a 15 milioni all’anno.
Il miracolo del petrolio a Viggiano non durerà quanto il culto della Madonna nera, la statua lignea del VI secolo nascosta alla furia degli iconoclasti in un buco sulla cima del monte. Un culto che richiama nella prima domenica di maggio e nella prima di settembre decine di migliaia di fedeli, citato da Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli, ma che da vent’anni non è più la principale attrattiva locale. Oggi si parla di Viggiano solo ed esclusivamente per il petrolio.
Una volta Viggiano era anche sinonimo di musicisti ambulanti. I versi ottocenteschi di Pier Paolo Parzanese venivano mandati a memoria da tutti gli studenti locali: «Ho l’arpa al collo son viggianese, tutta la terra è il mio paese...». Una poesia che richiamava il tema dell’emigrazione. Ricordo nei primi anni Sessanta alcuni compagni di scuola che partivano sulla vecchia millecento del «procuratore» che li accompagnava al porto di Napoli, dove con la famiglia si sarebbero imbarcati per l’Australia.
Da decenni non è più così. Come si sa nel comune della Val d’Agri l’Eni ha cominciato a estrarre petrolio dal 1996 e dal 1998 a elargire royalties. Agli inizi nell’ordine di pochi miliardi di vecchie lire, poi in una misura sempre più consistente, fino ad arrivare a quindici milioni di euro all’anno. Un fiume di denaro (152 milioni complessivamente), che come ha rivelato il sindaco Amedeo Cicala, alla guida di una giunta che unisce moderati del Pd e centrodestra, ha fatto accumulare un tesoretto di sessanta milioni. In buona parte soldi che non sono stati spesi per i vincoli della legge di Stabilità, ma che sono indice di un benessere eccezionale.
Da vent’anni il paese dell’arpa si è scoperto paese del petrolio. La popolazione si è stabilizzata sui tremila abitanti (i viggianesi erano seimila alla fine dell’Ottocento, in ripresa dopo il terribile terremoto del 1857; danni gravi ma non morti si ebbero anche nel sisma del 1980) e da vent’anni grazie al petrolio non si conosce povertà.
Uno spettro, quello della miseria e dell’emigrazione che è tornato a materializzarsi ora che i giudici di Potenza hanno costretto l’Eni a chiudere il centro oli che giganteggia nella pianura di fronte a Viggiano, vicino al grande bosco dei marchesi Sanfelice, non lontano dagli scavi archeologici di Grumentum.
Così il sindaco Cicala dieci giorni fa ha convocato una assemblea cittadina per rassicurare gli animi e spiegare come verrà speso il tesoretto: accanto alla piscina coperta, se ne costruirà un’altra scoperta; in montagna impianti sciistici all’avanguardia per la neve che negli ultimi tempi si fa deside- rare; davanti al santuario verrà allargata la piazza sopraelevando l’esistente garage a più piani...
Nonostante le promesse (e il tesoretto) la gente però non è tranquilla. I 300 operai messi in cassa integrazione dall’Eni, un quarto dei quali viggianesi, sperano di rientrare al lavoro a settembre o al massimo a fine anno. Intanto, come ogni maggio da quattro anni a questa parte è stato aperto il cantiere forestale dove trovano lavoro sino a dicembre decine di disoccupati. Un po’ come avveniva negli anni Sessanta.
Il sottosegretario all’Interno Filippo Bubbico, gran battutista, quando era presidente della Regione rispose così a un’esternazione secessionista di Umberto Bossi: «E allora noi ci iscriviamo all’Opec». Battute e royalties a parte, il petrolio di Viggiano durerà ancora dieci-vent’anni, ma i problemi potrebbero rimanere quelli di sempre: disoccupazione, emigrazione, anche per l’incapacità di trasformare la ricchezza di oggi in infrastrutture che favoriscano impresa e lavoro.
Con una nuova incognita suscitata dall’inchiesta di Potenza: lo smaltimento dei residui dell’estrazione è avvenuto in maniera corretta? Quali segreti nasconde il pozzo Costa Molina 2? Da cosa dipende l’inquinamento del lago del Pertusillo?