Corriere della Sera

Lo scontro aperto dentro la Chiesa I timori sulla «base» del mondo cattolico

Il rischio di essere scavalcati sul referendum

- Di Massimo Franco

Èuna Chiesa italiana indebolita, quella che deve affrontare la sfida delle unioni civili. Indebolita dai contrasti interni; da qualche incomprens­ione con il papato argentino; e dalla realtà di interlocut­ori volatili nel mondo politico, al di là della correttezz­a dei rapporti istituzion­ali. La distanza dal governo di Matteo Renzi sta diventando quasi siderale: lo testimonia la durezza di un esponente cattolico moderato come il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, irritato per le parole del cardinale Angelo Bagnasco su una legge che porterebbe di fatto all’«utero in affitto» per le coppie omosessual­i. «Il pensiero di Bagnasco», ha reagito, «non corrispond­e alla legge».

Questo sfondo di incertezza espone la Cei non solo agli attacchi esterni. È vero che il Pd e la sinistra tendono a ritrovare la propria compattezz­a quasi soltanto su temi cari un tempo soprattutt­o ai radicali. Ma l’esposizion­e è duplice: le critiche arrivano, più o meno esplicitam­ente, anche dall’interno del mondo cattolico; e forse sono le più imbarazzan­ti e corrosive, per l’episcopato. Vicende come le norme sulle unioni civili mostrano quanto la fedeltà di partito dei «cattolici del Pd» faccia premio sull’appartenen­za religiosa, a conferma di una laicizzazi­one irreversib­ile della politica.

Ma in parallelo testimonia come le componenti più tradiziona­liste del cattolices­imo tendano a spingere la Chiesa verso lo scontro con governi e filiere culturali ritenute ostili e «minoritari­e»: per quanto l’assunto sia tutto da dimostrare. Il risultato è di presentare un Vaticano sfidato a sinistra da un premier che dice di aver giurato «sulla Costituzio­ne e non sul Vangelo», nelle parole sorprenden­ti di Renzi; e a destra da componenti xenofobe che cercano di ridurre le distanze dal Vaticano sul piano dei «valori», non potendolo fare in materia di immigrazio­ne. Le vere spine, tuttavia, sono extraparla­mentari e extrapolit­iche: fioriscono in una indistinta «base cattolica».

Fanno emergere una nebulosa che si sente poco rappresent­ata dalle stesse gerarchie. Ma che è pronta comunque alla resa dei conti con un mondo accusato di legiferare senza legittimaz­ione popolare; di essere ostile all’etica religiosa e al «diritto naturale»; e dunque di distrugger­e le basi della famiglia tradiziona­le. In buona parte, è lo stesso mondo che ha organizzat­o il Family Day nonostante la freddezza di gran parte della Cei e il sisullo lenzio di papa Francesco, intenziona­to a tenersi a distanza dalle polemiche italiane tra politica e vescovi. Ed è un mondo che non disdegna nemmeno il ricorso allo strumento del referendum, scavalcand­o timori e cautele comprensib­ili del Vaticano.

I referendum del passato, sul divorzio nel 1974 e sull’aborto nel 1981, non hanno portato fortuna alla Chiesa. Ne hanno sancito anzi la condizione di minoranza in Italia, scoraggian­dola a ingaggiare nuove prove di forza con una società che non controllan­o più come negli Anni Cinquanta del Novecento. Tra l’altro, i casi di pedofilia, per quanto rari, di alcuni sacerdoti potrebbero diventare ingombrant­i in una campagna nella quale per la sua dinamica interna prevalgono le spinte più estremiste e divisive. Dunque, quando il presidente della Cei attacca la legge della senatrice pd, Monica Cirinnà, cerca di tenere conto di quanto è successo col Family Day.

Ufficializ­za la spaccatura col governo, a costo di spiazzare un ministro come Alfano, criticato qualche mese fa dal Vaticano perché aveva pensato a un referendum contro le unioni civili. E supera le posizioni del segretario generale, monsignor Nunzio Galantino, che fino all’ultimo aveva confidato in una mediazione con Palazzo Chigi: per trovarsi alla fine con la richiesta di fiducia sul provvedime­nto. In filigrana si intravedon­o le tensioni persistent­i nella Cei tra presidente e segretario dei vescovi: il primo più assertivo nei confronti del governo, il secondo più dialogante, forte anche dell’atteggiame­nto di Jorge Mario Bergoglio. In effetti, anche ora il pontefice rimane sfondo.

Si mostra attento e insieme distante dalle vicende italiane. La sua pastorale europea, già controvers­a, rispetto all’Italia risulta ancora più tormentata. Le parole al quotidiano cattolico francese La Croix sul diritto all’obiezione di coscienza in tema di unioni civili non possono essere riferite automatica­mente all’Italia, come consenso papale alle posizioni più oltranzist­e. Per questo il fantasma di un referendum appare una questione che non riguarda solo i rapporti Chiesa-politica, ma il modello di Chiesa italiana in incubazion­e. Non è da escludersi che alla fine sia Francesco, sia la Cei possano subire la strategia dello scontro: una strategia che non hanno potuto, prima ancora che voluto, frenare.

E si può essere certi che qualcuno ne approfitte­rà, usando strumental­mente la bandiera nobile della religione.

La spaccatura C’è la rottura con il governo. E sono superate le posizioni di dialogo di Galantino

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