Pd, Renzi e la «tregua» referendum «Ora in piazza e basta farci le pulci»
Il leader: non dividiamoci, nei prossimi sei mesi testa alta e giocare all’attacco
ROMA Al suo Pd, ai suoi parlamentari, per le tante divisioni interne, con un giro di parole, chiede in sostanza una vera tregua politica: «Smettiamo di farci le pulci fra noi, nei prossimi sei mesi occorre non dico una tregua, ma io questo farò e non altro, nei prossimi sei mesi dobbiamo andare a testa alta e giocare all’attacco, non di rimessa, senza aver paura degli avversari, in ogni piazza e in ogni luogo dobbiamo raccontare cosa stiamo facendo in Italia».
Matteo Renzi comincia così l’incontro serale con i gruppi parlamentari del Pd. L’orizzonte è quello del referendum di ottobre, confermativo della riforma della Costituzione. Poco prima è stato nella sede del partito, con i segretari regionali e provinciali, e ha pronunciato parole simili: «Non dividiamoci, mettiamo da parte i contrasti fra di noi».
A deputati e senatori ovviamente, oltre all’obiettivo del referendum, il premier gira il ringraziamento per il lavoro fatto in questi due anni. Hanno approvato decine di provvedimenti, votato 55 fiducie, è andato quasi tutto liscio: «Grazie a tutti e a tutte, se questa legislatura ha ottenuto il raggiungimento di una legge di riforma istituzionale che appariva impossibile è perché c’è stato il vostro lavoro straordinario. In questi due anni avete restituito una dimensione di orgoglio a chi fa politica e ce n’è più che mai bisogno, per vincere la sfida dell’antipolitica e della demagogia».
La giornata è particolare perché finalmente si è concluso formalmente il confronto sulla flessibilità con l’Unione europea, «un passo in avanti incredibile» lo definisce Renzi, ringraziando ancora una volta il ministro Padoan per i negoziati con la Commissione di Bruxelles: «Nei prossimi mesi vogliano discutere con la Commissione di un nuovo modello di sviluppo della Ue. Venerdì i leader del Pse si vedranno in Campidoglio, a iniziare da Hollande, ospiti del nostro partito e delle nostre istituzioni per arrivare a un modello di proposta economica condivisa, immaginando un percorso da lanciare dopo il referendum sulla Brexit».
Percorso che per l’Italia è comunque diverso da quello di altri Paesi: «La Spagna cresce più dell’Italia ma con un
Il premier Abbiamo restituito una dimensione di orgoglio a chi fa politica, contro la demagogia Bersani Io voterò sì ma è legittimo che un nostro elettore dica: questa cosa non mi convince
deficit al 5,1%. Datelo a noi un deficit al 5,1% e vedete che numeri per ridurre le tasse... — dice annunciando la riduzione di quelle d’imbarco negli aeroporti —. Noi lo scorso anno abbiamo chiuso all’1,8% di deficit, se fossimo al livello della Spagna ci sarebbero 53-54 miliardi altro che taglio dell’Imu... Ma noi non lo facciamo perché abbiamo un percorso diverso».
Poi sferza ancora il Pd, deve avere più coraggio, anche rispetto a grillini e Lega: «Il nostro partito certe volte anche un atteggiamento di paura, remissivo, sembra giocare di rimessa, con il catenaccio, pensando che gli avversari siano dei fenomeni, ma di cosa stiamo discutendo? Noi siamo un partito democratico, gli altri parlano di noi come una casta, ma comincino a rinunciare all’immunità, da Di Maio a Di Battista, sino agli altri. Loro sono il partito che più rappresenta il familismo, che non ha luoghi di democrazia. Ma di cosa parliamo, e dobbiamo avere paura di questi? Un po’ più di coraggio, anche quando andate in tv, siate orgogliosi di voi, abbiamo dato una lezione a tutti».
Pier Luigi Bersani replica così: «Io non sto facendo polemiche. Io voterò sì al referendum, ma è legittimo che un elettore del Pd dica “Questa cosa non mi convince”. Non ritengo illegittimo che elettori del Pd votino no».