Corriere della Sera

Imprese, ecco il piano del governo per richiamare il risparmio privato

Niente tasse sui rendimenti se si investe nelle aziende fino a 30 mila euro

- Enrico Marro

Si chiamerà Pir, Piano individual­e di risparmio, la misura che caratteriz­zerà il nuovo decreto sulla «Finanza per la Crescita » , secondo quanto aveva anticipato al Corriere il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, l’ 8 maggio. Il capo della segreteria tecnica del ministro, Fabrizio Pagani, spiega che la decisione di agevolare fiscalment­e la «canalizzaz­ione del risparmio verso l’economia reale», nasce dal successo di misure già prese a sostegno delle piccole e medie imprese, come per esempio il super ammortamen­to. Il governo insisterà quindi sui provvedime­nti a sostegno della patrimonia­lizzazione e della crescita dimensiona­le delle imprese. Tuttavia, le norme di legge non bastano, «serve un cambiament­o culturale», sottolinea Pagani, riferendos­i sia agli assetti proprietar­i sia alla governance delle imprese italiane, che richiedono una modernizza­zione. Ma senza l’apporto di maggiori capitali - non solo di provenienz­a bancaria, ma utilizzand­o il grande risparmio delle famiglie italiane - non si creerebber­o i presuppost­i per questa evoluzione verso uno scenario di aziende più grandi, aperte al mercato, alla borsa, all’internazio­nalizzazio­ne. Ecco perché la misura centrale del decreto «Finanza per la crescita 2», che verrà approvata«nel giro di qualche settimana» dal consiglio dei ministri, sono appunto i Pir, prodotti d’investimen­to ad hoc nelle pmi, con un orizzonte di medio-lungo termine.

Il risparmiat­ore, spiega Pagani, potrà investire «in esenzione d’imposta», cioè senza pagare tasse sui rendimenti, fino a 30 mila euro l’anno, fino a un massimo cumulato negli anni di 150mila euro. La detassazio­ne sarà accordata sugli investimen­ti detenuti per almeno tre anni (se si vende prima, si pagano le normali imposte sui capital gain, cioè il 26%). I Pir potranno veicolare capitali alla quasi totalità delle imprese italiane, quotate e non, visto che saranno escluse, precisa il capo della segreteria tecnica, solo le aziende con un fatturato superiore ai 300 milioni l’anno. Per questa via, secondo le stime dei tecnici, potrebbero affluire alle pmi circa 10 miliardi di euro l’anno. Sembrano tanti ma si tenga conto che le famiglie hanno una ricchezza mobiliare che la Banca d’Italia valuta in circa 3.800 miliardi. E comunque si tratta pur sempre di un investimen­to in capitale di rischio e quindi riservato a risparmiat­ori con un profilo adeguato.

I Pir, dice Pagani, sono la logica continuazi­one di una politica che sta raccoglien­do «importanti risultati». Ad oggi, «sono oltre 5mila le start up registrate; sul fronte dei super ammortamen­ti sugli investimen­ti in beni strumental­i, nel 2016 le imprese che ne hanno beneficiat­o sono quasi 800mila, in pratica una su quattro. Un successo tale che, credo, indurrà il governo a prorogare questa agevolazio­ne nel 2017». Non è un mistero che il boom delle immatricol­azioni di veicoli abbia a che fare proprio col super ammortamen­to. Completano il quadro, secondo il governo, i minibond, con emissioni da parte delle pmi per un controvalo­re di oltre 6 miliardi e l’Ace, l’incentivo fiscale alla patrimonia­lizzazione: le aziende che lo utilizzera­nno nel 2015 sono più del 36%. Qualcosa insomma si muove, ma molto resta da fare. Varato il Pir, in vista della prossima legge di Bilancio, si studierann­o, spiega Pagani, meccanismi per incentivar­e anche l’impiego delle risorse dei fondi di previdenza integrativ­i a sostegno dell’economia reale, oggi in gran parte investite all’estero.

Per il resto, il governo conta su un’attitudine nuova di imprese e operatori finanziari. «Su questi provvedime­nti che entreranno nel decreto Finanza per la crescita 2, abbiamo lavorato anche col nuovo presidente della Confindust­ria, riscontran­do in Vincenzo Boccia una grande attenzione ai fattori di modernizza­zione dell’assetto imprendito­riale e di migliorame­nto della produttivi­tà», dice Pagani. Da un sistema bancocentr­ico a uno più orientato al mercato: «Il messaggio sta passando». Eppure, obiettiamo, la crescita stenta. «Dipende da molti fattori struttural­i - risponde Pagani-. Ma una delle chiavi per smuovere la situazione è proprio il rilancio dell’impresa. Abbiamo cominciato con i consumi e molti all’inizio erano scettici sugli 80 euro, che invece hanno fatto aumentare la domanda. La stessa cosa è successa col Jobs act e con il primo pacchetto Finanza per la crescita e con il super ammortamen­to, che stanno contribuen­do all’aumento del Pil. Succederà anche col Pir e le altre misure che prenderemo».

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