Unicredit, un consiglio per la nuova governance
Il mandato per la riorganizzazione al presidente Vita
La crisi di governance apertasi in Unicredit dopo il summit di lunedì tra alcuni grandi soci e l‘amministratore delegato Federico Ghizzoni per dare alla banca una guida salda e un indirizzo preciso verso la crescita, dovrà essere incanalata ora nei binari ufficiali. Toccherà al presidente Giuseppe Vita convocare un consiglio per avviare i lavori di riorganizzazione della governance, a cominciare dai sondaggi sul cambio del ceo. In quell’occasione, se sarà stato raggiunto l’accordo nel board, sarà incaricato il comitato nomine per avviare le selezioni. Ma il percorso non è affatto delineato, anzi ci sono ancora molti punti in discussione.
Ad oggi non ci sono indicazioni che un board possa essere chiamato prima dell’appuntamento ordinario del 9 giugno. In questi giorni i contatti tra i soci serviranno a trovare un equilibrio tra i vari punti di vista: tramontata l’ipotesi di un rimpasto con Ghizzoni alla presidenza, c’è chi propone solo la nomina del nuovo ceo e chi invece un cambio più radicale che tocchi non solo presidente e amministratore delegato ma anche le direzioni generali: sarebbe anche una via per un più facile compromesso tra i grandi soci sui nomi.
La volontà dei protagonisti è comunque dare una risposta al mercato in tempi brevi, per evitare il rischio che la banca di fatto si blocchi. Il nuovo ceo è la figura chiave, anche nell’ottica di un eventuale aumento di capitale, che vari analisti considerano necessario. Ghizzoni invece anche di recente ha negato questa necessità affermando che il patrimonio più crescere in maniera organica ed eventualmente con cessioni di asset. Come papabili ceo si sono fatti i nomi di Sergio Ermotti e Andrea Orcel (entrambi Ubs), Marco Morelli (Merrill Lynch), Alberto Nagel (Mediobanca), Carlo Cimbri (Unipol), Gaetano Micciché (Imi), António Horta Osório (Lloyds), i manager interni Franco Papa e Carlo Vivaldi e gli ex Jean-Paul Mustier e Roberto Nicastro.
Al vertice tra i vicepresidenti Fabrizio Palenzona e Vincenzo Calandra e in conference call Luca Cordero di Montezemolo, alcuni rappresentanti delle fondazioni Cr Torino e Cr Verona (era presente l’ex presidente Paolo Biasi), Francesco Gaetano Caltagirone per i soci privati e Lucrezia Reichlin per i fondi, sarebbe emersa l’esigenza di rafforzare un istituto che ha una valenza sistemica e la cui crisi potrebbe espandersi anche in altri Paesi. La debolezza mostrata nella vicenda della Popolare di Vicenza sarebbe stato l’ultimo episodio che ha spinto i soci a muoversi.