Dumont, Spielberg e la fame dei cannibali
Aspettando le donne cannibali di Nicolas Winding Refn, il festival ha già fatto capire che aria tira. Qui ci si nutre di sangue umano. La moglie del pescatore di Ma Loute, la farsa d’autore di Bruno Dumont con misteriose sparizioni all’alba del ‘900, vedendo che i figli hanno poco appetito si fa sotto brandendo un pezzo di aristocratica fresca carne umana cruda: «I giovani sono più saporiti. Non volete nemmeno un dito di piede?». Niente, i ragazzi sembrano anoressici, eppure poco prima avevano la bocca sporca di sangue. Ci si mette pure una fiaba, Il GGG — Il Grande Gigante Gentile, realizzata dall’uomo d’oro di Hollywood Steven Spielberg. Una volta si tuffava sugli extraterrestri dal cuore umano. Ma in questo mondo incanaglito, E.T. avrebbe timore a puntare il suo ditone: finirebbe nel barbecue di qualche cena esclusiva. Infatti gli umanoidi alti 16 metri che Spielberg ha realizzato con effetti digitali e altre diavolerie, minacciano di mangiare come una polpetta la bambina londinese protagonista in carne e ossa. Domani in gara c’è The Neon Demon, il primo horror di Nicolas Winding Refn (il regista di Drive), dove un gruppo di modelle per mantenere il proprio aspetto esteriore arriva a mezzi estremi: vudu e cannibalismo. Ci sarebbe anche il piede mutilato in una busta di cellophane che circola in troppe scene di Dogs del romeno Bogdan Mirica, ma è una storia di malaffare senza languori nello stomaco. Il Festival che ha cannibalizzato tutti gli altri Festival ha cannibalizzato se stesso.