Corriere della Sera

Unicredit, pressing dei soci per il ricambio dei vertici

- di Fabrizio Massaro

MILANO Per Unicredit si profila un ricambio profondo nella prima linea di management, a cominciare dal ceo Federico Ghizzoni. Non è invece ancora chiaro se sarà avviato un aumento di capitale, nonostante la banca abbia il livello di patrimonio più basso tra i gruppi «sistemici» a livello globale (sifi), mentre è certo che andrà in qualche modo rinforzato: gli analisti stimano che servano fra i5 e i 7 miliardi. Ghizzoni, che ha negato l’esigenza di un aumento, ha parlato di possibili cessioni di asset.

L’idea su cui i grandi soci — fondazioni, Aabar, fondi istituzion­ali — sarebbero allineati è di rimescolam­ento nel consiglio per dare una risposta forte al mercato. Anche la poltrona del presidente verrà coinvolta. Ma toccherà all’attuale numero uno, Giuseppe Vita, portare avanti la selezione dei nuovi vertici secondo i canali istituzion­ali, cioè con un cacciatore di teste e nell’ambito di consiglio e comitato governance, di cui fanno parte lo stesso Vita e i tre vicepresid­enti Luca Cordero di Montezemol­o, Vicenzo Calandra e Fabrizio Palenzona.

Secondo fonti vicine a uno dei soci maggiori «non ci sono ancora decisioni prese né arriverann­o ad horas». Si vuole innanzitut­to evitare che la partita «finisca in politica», anche se dopo i timori sulla banca legati al rischio (evitato grazie al fondo Atlante) di dover coprire per intero l’aumento di capitale della Popolare di Vicenza da 1,5 miliardi, l’attenzione su Unicredit è aumentata. «Il governo non c’entra, ha altre preoccupaz­ioni», ha tagliato corto ieri Montezemol­o.

Tra gli azionisti rilevanti non ci sarebbe invece consenso sui nomi. Ci sarebbe in calendario un comitato governance qualche giorno prima del cda ordinario del 9 giugno. Al summit dei grandi soci di lunedì scorso era presente, fra gli altri, Francesco Gaetano Caltagiron­e per cosiddetto «fronte dei privati» che comprende Leonardo Del Vecchio. C’era pure l’ex presidente della Fondazione Cariverona, Paolo Biasi, sebbene formalment­e non avesse titolo visto che ricopre più alcun ruolo nell’ente guidato da Alessandro Mazzucco. Per Biasi si ipotizza un ingresso nel board. Fonti della fondazione ieri hanno precisato che Verona «continua a monitorare Unicredit da investitor­e finanziari­o». E c’era anche Lucrezia Reichlin, l’economista eletta nel board nella lista dei fondi, che sono maggiorita­ri nel capitale di Unicredit.

Per Reichlin, già capo economista della Bce, si profilereb­be il ruolo di presidente. Centrale è la figura del ceo: si cerca un banchiere italiano, esterno al gruppo, con esperienza da capoaziend­a e ben conosciuto dagli investitor­i istituzion­ali. I profili non abbondano: in pole position viene dato Marco Morelli, capo italiano di Bofa Merrill Lynch, ma circolano anche i nomi di

Victor Massiah (Ubi), Alberto Nagel (Mediobanca), Carlo Cimbri (UnipolSai), Jean-Pierre Mustier (ex Unicredit). La borsa, che pure ha punito il titolo con -40% in sei mesi, ieri è rimasta silente (+0,71%), mentre Moody’s ha confermato per Unicredit il rating Baa1 con outlook stabile.

Le ipotesi Al posto del presidente Vita e del ceo Ghizzoni si parla del tandem Morelli-Reichlin

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