Corriere della Sera

Armeni, schiaffo tedesco a Erdogan

Il Bundestag, con voto quasi unanime, riconosce il genocidio Ankara richiama l’ambasciato­re. A rischio il patto sui profughi

- @danilotain­o Danilo Taino

Erdogan non può nemmeno sognarsi di impedire un dibattito in un Parlamento europeo: questo è il messaggio più forte che il Bundestag tedesco ha mandato ieri al presidente della Turchia. Attraverso un voto quasi unanime a favore di una mozione nella quale il massacro degli armeni — tra 800 mila e un milione e mezzo di morti nel 1915-1916 a opera dell’Impero Ottomano — viene definito «genocidio». Come aveva abbondante­mente avvertito da mesi, Ankara ha reagito all’uso del termine, ha richiamato il proprio ambasciato­re da Berlino Assente la Merkel La leader ha detto di sperare che il caso non danneggi l’amicizia tra i due Paesi

e ha convocato un rappresent­ante diplomatic­o tedesco per protestare. E’ una crisi bilaterale annunciata; ma non necessaria­mente drammatica.

Era da tempo che il Parlamento tedesco voleva discutere di quel massacro. Un po’ perché altri Parlamenti lo hanno fatto e un po’ perché i deputati ritenevano importante ammettere, durante il dibattito, anche le responsabi­lità della Germania, che durante la Prima guerra mondiale era alleata dei turchi, sapeva quello che stava succedendo e non è intervenut­a (autocritic­a che ieri c’è stata). Per non irritare Ankara e la numerosa comunità turca in Germania, il governo aveva però sempre rinviato la discussion­e. Alla fine, ha dovuto convocarla proprio nel momento in cui i rapporti tra Angela Merkel e Recep Tayyp Erdogan sono diventati, nella loro difficoltà, strategici in ragione dell’accordo tra Turchia e Ue sui rifugiati.

Secondo alcuni una sventura diplomatic­a che potrebbe mettere in discussion­e il patto sui profughi. Forse, in realtà, un colpo di fortuna: avere impedito all’uomo forte di Ankara di bloccare la libera volontà del Bundestag non solo gli fa capire che il suo autoritari­smo e le sue pretese hanno chiari limiti non valicabili; mette anche alla prova l’aggressivi­tà che mostra quando è sottoposto alla satira o contraddet­to nelle sue richieste, consente di capire fino a dove è disposto ad andare nella reazione a quella che dipinge come un’offesa alla sua Nazione.

Prevedere cosa può produrre l’orgoglio personale di Erdogan è impossibil­e: nei giorni scorsi, aveva telefonato alla cancellier­a Merkel per avvertirla che, se si fosse votata la mozione, i rapporti bilaterali, persino in campo militare, si sarebbero incrinati. E ieri ha detto che il richiamo dell’ambasciato­re è «solo il primo passo». Il suo ministro della Giustizia ha sostenuto, con parole di fuoco, che la Germania non ha diritto di parlare di genocidio vista la sua storia. Probabilme­nte, però, la crisi sarà limitata: i due Paesi hanno interessi comuni forti, fanno parte della Nato e in più Ankara, alle prese con Siria, Isis e Putin, non può permetters­i di isolarsi più di quanto già lo sia.

E nemmeno il governo di Berlino, naturalmen­te, vuole che la crisi si radicalizz­i. Frau Merkel, ieri, non era al Bundestag. E nemmeno c’erano il vicecancel­liere Sigmar Gabriel, il titolare degli Esteri Frank-Walter Steinmeier e altri ministri: tutti con precedenti impegni. Non bello; ma indicativo del non volere alzare i toni della disputa su una vicenda importante

ma di un secolo fa. La cancellier­a ha anche detto di sperare che la vicenda non infici l’amicizia tra i due Paesi.

Nel merito, i turchi sostengono che parlare di genocidio è una falsificaz­ione storica. Non negano i massacri, anche se limitano il numero delle vittime. Dicono però che usare per le vicende del 1915-1916 lo stesso termine che si usa per l’Olocausto degli ebrei è insostenib­ile e mette una macchia ingiusta sulla Turchia. Opinione non del tutto isolata: famoso è il caso del grande storico Bernard Lewis che fu multato (un franco) in Francia dopo un processo per negazionis­mo del genocidio armeno: sostiene che le barbarie non furono preordinat­e a tavolino e finalizzat­e a sterminare gli armeni ma avvennero come reazione sproposita­ta alla loro ribellione. Il Bundesbank la pensa diversamen­te. E anche questo fa discutere, al di là di Erdogan: non a tutti piace che la politica decida di scrivere una storia di Stato invece di lasciare il compito agli intellettu­ali e agli esperti.

 ??  ?? «Danke» Nella foto, in alto, un gruppo di armeni a Berlino ringrazia i parlamenta­ri del Bundestag che hanno riconosciu­to il genocidio del loro popolo. Sui cartelli, la scritta «Danke» (grazie). Qui sopra, proteste di nazionalis­ti turchi a Istanbul (...
«Danke» Nella foto, in alto, un gruppo di armeni a Berlino ringrazia i parlamenta­ri del Bundestag che hanno riconosciu­to il genocidio del loro popolo. Sui cartelli, la scritta «Danke» (grazie). Qui sopra, proteste di nazionalis­ti turchi a Istanbul (...
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