Corriere della Sera

Il prete scampato ai narcos accoglie i migranti a Ventimigli­a

- Claudio Del Frate

«In queste persone vedo la sofferenza della mia famiglia: anche i miei genitori e i miei fratelli sono dovuti scappare perché avevano perso tutto in seguito alla guerra tra i trafficant­i di cocaina...». Don Rito Alvarez ha 37 anni ed è nato in Colombia. Chissà se anche questo tratto della sua biografia c’entra con quanto sta accadendo in queste ore a Ventimigli­a: il sacerdote ha aperto le porte della sua parrocchia, dedicata a sant’Antonio, alle centinaia di migranti che continuano ad arrivare nella città di confine. Con troppo ottimismo si era ritenuto che a Ventimigli­a il problema fosse gestibile. E invece nonostante lo sgombero di 60 stranieri accampati in spiaggia, gli arrivi non sono mai cessati. «Ieri abbiamo offerto circa 400 pasti, 100 persone dormono nel salone parrocchia­le, altre 250 sotto le stelle nel campetto di calcio. Ogni giorno preghiamo perché non piova» si rammarica don Alvarez che però non si fa sopraffare dal pessimismo. «È una questione di dignità: non potevamo lasciare che i migranti dormissero per strada o sotto i ponti. Ma gli sbarchi continuano e Ventimigli­a rischia di diventare il “tappo” del flusso». A dispetto delle difficili condizioni materiali, dentro la parrocchia si cerca di creare un microcosmo di convivenza: «Sensibiliz­ziamo i nostri ospiti al rispetto delle regole: tenere puliti i locali, fare la raccolta differenzi­ata ma anche rispetto delle norme dell’Europa. È l’unica soluzione per dare loro un futuro». I migranti tentano quotidiana­mente di passare in Francia di nascosto, i gendarmi fanno 50 respingime­nti al giorno. Ma la gente di Ventimigli­a come reagisce? «I parrocchia­ni non lesinano aiuto ma mi chiedono quando finirà questa storia. Dipendesse da me, anche domani, ma la risposta la possono dare i “grandi capi”»

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Dalla Colombia Don Rito Alvarez (foto dal sito Riviera24)

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