«Il vestito per l’amica e il pc ancora acceso Carlotta non ha pianificato la sua morte»
La sorella Giorgia: aveva una relazione tormentata, ma non accuso nessuno
«Io dico che ci sono troppe cose che non mi convincono. Sfido chiunque, nella mia situazione, a mettersi in tasca la parola “suicidio” e andare avanti».
Giorgia è sfinita. Il suo telefonino suona in continuazione e lei ripete decine e decine di volte la stessa cosa: «Ma è tanto difficile da capire?» se la prende riattaccando per l’ennesima volta. «Io non credo che Carlotta si sia uccisa. Nonci-cre-do, va bene? Se poi invece avrò la certezza che davvero l’ha voluto lei allora mi metterò il cuore in pace e farò i conti con i miei sensi di colpa. Vivrò tutta la vita con il peso di non aver saputo aiutarla. Ma per adesso l’unica certezza che abbiamo, io e mia madre, è che sia tutto strano...»
Per esempio cosa?
«Per esempio il fatto che abbia lasciato il computer acceso con la musica che andava. Oppure che abbia preso appuntamenti e impegni per le ore e per i giorni successivi. O che il lenzuolo del suo letto fosse sporco di sangue. O che per impiccarsi abbia scelto una sciarpa. Oppure che si sia uccisa in piazza a pochi metri da casa sua, proprio lei che era la riservatezza fatta persona. Se penso a tutte le volte che mi ha ripreso perché io, invece, racconto in pubblico di quel che mi è successo...»
Cioè la mezza pasticca di ecstasy e il trapianto di fegato di 17 anni fa?
«Sì. Lei mi diceva sempre: hai sofferto così tanto per quel che ti è successo, non vedo perché devi raccontare tutto il tuo dolore agli altri. Quasi non capiva che per me è diventata una missione parlare di antidroga ai ragazzi».
Torniamo a Carlotta. Alla sua storia d’amore tormentata.
«Del fidanzato non voglio parlare. Quello che posso dire è che noi, in famiglia, eravamo contrari a quella relazione. Abbiamo provato tantissime volte a farle capire che sarebbe stato meglio per lei stare lontano da quell’uomo. Non ci siamo riusciti».
Risultano referti medici per lesioni gravi. Carlotta è finita più volte in ospedale. Ci sono anche denunce nei confronti del fidanzato.
«Sì. Io stessa una volta l’ho accompagnata al pronto soccorso. Ma non posso aggiungere altro. C’è un’inchiesta in corso, non ci risulta nessun indagato e io non voglio trarre nessuna conclusione. Non ci serve un colpevole ad ogni costo, nemmeno se è una persona che non ci piace. Vogliamo soltanto capire che cosa è successo davvero nelle ultime ore di vita di Carlotta. Chi ha incontrato, se era tranquilla o no, perché c’era del sangue sul materasso, perché ha lasciato casa sua così come l’abbiamo trovata cioè come un luogo abbandonato in tutta fretta... Si voleva davvero impiccare? Perché andare a farlo nei giardini di fronte a casa?».
C’è un buco di sette ore nella ricostruzione sull’ultima notte di Carlotta.
«L’hanno trovata alle sei del mattino di martedì. Mia madre l’ha sentita la sera prima alle 11 perché doveva vederla a pranzo proprio martedì. Io voglio sapere cosa c’è in quelle sette ore. Aspettava in questi giorni un’amica che doveva arrivare dall’Argentina, a casa sua c’è il vestito da sposa di un’altra amica che lei ha disegnato e creato. Avrebbe dovuto darglielo a breve e invece...»
( Giorgia si interrompe, guarda le fotografie sparse sul tavolo. Memorie di giorni felici dell’infanzia, del padre Mario che non c’è più, di Carlotta che sembra ancora qui, da qualche
I dubbi «C’era sangue sul letto E non avrebbe mai fatto una cosa così in un luogo pubblico»
parte. Ne parlano tutti al presente, sua madre Giovanna, soprattutto. Giorgia prova a non piangere ma le lacrime vincono gli sforzi. Parla a una sorella ormai perduta per sempre: «Non ti sei uccisa.Io lo so»).