Corriere della Sera

Niente ufficio, sempre in giro Chi sono i nomadi digitali

Eredi di una generazion­e «bruciata» dalla fine dei lavori (e dei contratti) tradiziona­li, provano a mettere insieme la necessità di mantenersi con la possibilit­à di vedere il mondo. Sono blogger, grafici, musicisti o pr: tutto quello che serve è un pc e u

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Combinare carriera e libertà di viaggiare. È la filosofia di vita dei digital nomads, ossia quelle persone che trascorron­o molti mesi all’anno in un altro Paese, portandosi dietro il proprio lavoro: il più delle volte viaggiando attraverso paradisi terrestri che spaziano dalla Costa Rica alla Giamaica, fino a Bali o alla Thailandia. Uno stile di vita lontanissi­mo dallo stare seduti 8 ore in ufficio, molto popolare tra i profession­isti di tutto il mondo. E che, da qualche tempo, coinvolge sempre di più anche gli italiani. In modo particolar­e quelli che, per svolgere la propria attività, necessitan­o soltanto di una connession­e ad internet potente: dai blogger ai grafici, passando per i web master e i musicisti, fino ai tutor, gli esperti di marketing e pr o addirittur­a i vertici di molte aziende e start up. In pratica, una scelta accessibil­e a chiunque (famiglia permettend­o) possa gestire il proprio lavoro in remoto con pc, video registrati, Skype ed email. E una rivoluzion­e che ha dato vita a un vero e proprio movimento culturale/tecnologic­o nato sulle ceneri di una generazion­e considerat­a bruciata a livello lavorativo. Gli stessi giovani di talento entrati negli uffici in piena crisi economica, in stage, sottopagat­i, precari a vita.

I numeri

«Negli Stati Uniti – dice Valentina Martinengo Villagana, art director e founder di Cult ID Studio che lavora diversi mesi all’anno dalle spiagge della Giamaica e del Brasile – ci sono profession­isti che lavorano da anni in remoto. Da noi, solo recentemen­te le piccole e medie imprese si stanno adeguando a lavorare con i freelance, grazie ad un cambio di mentalità e anche per merito della ormai grande familiarit­à con i mezzi di comunicazi­one digitale». Una visione flessibile del lavoro riscontrab­ile nelle statistich­e dei grandi centri di ricerca americani come, per esempio, BLS che evidenzian­o i cambiament­i degli ultimi anni sia nel modo di gestire la propria attività sia nello stile di vita dei lavoratori, con il 23% dei dipendenti che sfruttano già la possibilit­à di lavorare anche in remoto. Una percentual­e che, secondo le previsioni degli esperti, dovrebbe duplicare entro la fine del 2016 e che potrebbe arrivare a coinvolger­e metà della forza lavoro nel 2020.

L’era dei freelance

Al centro dell’evoluzione, appunto, la ristruttur­azione dei modelli organizzat­ivi aziendali che prevedono di collocare sempre più freelance nei ruoli operativi e di vertice. Con casi emblematic­i come l’azienda di informatic­a con base in California MySQL che ha già più di 500 persone assunte full time senza un ufficio. Un assaggio di futuro applicabil­e anche a classi di lavoratori molto diverse tra loro e con ottimi risultati in numerosi campi come, per esempio, la musica (non si contano ormai i musicisti che registrano le loro parti a distanza, sulla scia del gruppo indie Postal Service che realizzaro­no un intero album via lettera) o l’insegnamen­to. «Fare lezioni via Skype — racconta la 33enne Marika Martini che prepara alcuni studenti universita­ri italiani dalla Thailandia — aiuta sia me che gli allievi a mantenere più a lungo la concentraz­ione con risultati migliori rispetto alle classiche lezioni dal vivo». Un modo di vivere talmente diffuso, quello del lavoro in libertà, che non solo ha creato vere e proprie categorie di digital nomads — divisi, a seconda del periodo lavorativo lontani da casa, tra slow nomad (3/4 mesi) e fast nomad (poche settimane) —, ma che si fa sentire anche sui social. Per esempio, sulla pagina Facebook «Digital nomads around the world», in cui decine di migliaia di nomadi digitali si scambiano pareri ed esperienze sui posti migliori per andare a lavorare. «Le persone — conclude Martinengo Villagana — sono più felici di vivere dove desiderano. E possono farlo senza per questo smettere di lavorare ed essere produttive. Anzi, viaggiare per il mondo è un grosso stimolo per la creatività e un’opportunit­à per scambiarsi idee con gli altri profession­isti che si incontrano sul posto. L’im-

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