Corriere della Sera

Il pugno di Harper

«Canto contro le ingiustizi­e razziali e credo nel rock di denuncia ma l’impegno non piace alle radio»

- Andrea Laffranchi

Un decennio di infedeltà musicale. Poi Ben Harper è tornato a casa. L’anno scorso ha richiamato con sé gli Innocent Criminals, la band con cui era stato per 13 anni, dagli esordi sino al 2006. Poche settimane fa hanno pubblicato un nuovo album «Call It What It Is» e in autunno saranno in tour in Europa (7 ottobre al Forum di Assago).

Nel mezzo Ben ha registrato un disco con la leggenda del blues Charles Musselwhit­e, aveva sostituto i vecchi compagni con i Relentless 7, ha fondato i Fistful of Mercy assieme a Dhani Harrison, figlio di George, e Joseph Arthur, ha portato in sala di registrazi­one mamma Helen. «Adulterio musicale... Curioso, non lo avevo mai sentito dire. All’inizio la separazion­e è stata una sfida, ma non avrei mai pensato che sarebbe durata così tanto. Col tempo mi sono ritrovato occupato dagli altri progetti. Ne farò ancora, magari in parallelo, di certo in mezzo non passerà più tutto questo tempo».

Si sono ritrovati ridando forma a quella danza di generi — rock, blues, reggae, soul — che è la loro palestra musicale da sempre. «Call It What It Is», chiamalo col suo nome. Sembra un titolo innocuo, la canzone omonima invece è un pugno allo stomaco. È un’accusa alla polizia americana per i casi di omicidi immotivati di persone di colore. Harper, uno che l’impegno lo ha sempre messo nei suoi testi, cita i nomi che sono diventati icone per un nuovo orgoglio black e alla fine ecco la parola, quella cosa da chiamare col suo nome è «omicidio». «È una canzone che arriva nel momento giusto e questo gli aggiunge peso. Sappiamo tutti quello che sta accadendo, lo vediamo, e possiamo reagire. È una specie di botta e risposta culturale. Più sono le persone che si oppongono e si contano, più vicini siamo a riconoscer­e la malattia e a trovare la cura». Il clima di tensione razziale negli Usa è un rigurgito legato al fatto che Obama sia diventato presidente? «Non credo che le relazioni razziali dipendano dal fatto che il presidente sia bianco, nero, marrone, donna... Queste cose sono sempre successe. Solo che adesso ognuno di noi ha con sé una macchina fotografic­a». Non è l’unico a parlare di questi temi: di recente lo hanno fatto anche il rapper Kendrick Lamar, Beyoncé e persino un bianco come Macklemore. «Dipende dalle radio. La storia di artisti socialment­e e politicame­nte impegnati è lunga. Bisogna vedere prima se trovano un contratto, poi se vengono ascoltati e infine se hanno la stessa attenzione delle popstar. Negli anni 60-70 quella musica impegnata andava in radio. Le radio sono cambiate. Per questo ho chiamato l’album come la canzone, per farla notare di più».

In «Sex Was Dirty», un garage rock intenso e grezzo, sembra rievocare un’epoca in cui il sesso era sporco e l’aria pulita. «È il testo più equivocato del disco. Praticamen­te è l’autobiogra­fia mia e degli Innocent Criminals. E quando abbiamo iniziato a fare musica non si sentiva dire “nozze gay”, non si parlava di omosessual­i, bisessuali o trans. Guarda dove siamo arrivati adesso. Sono tutt’altro che nostalgico e celebro il punto in cui siamo arrivati oggi».

Siamo anche al punto in cui siamo tutti attaccati ai social network. «I social sono il frigorifer­o di oggi. Ma possiamo farne a meno». Come? Ben mette le mani in tasca e sbam, piazza sul tavolino il suo cellulare. Uno di quei vecchi modelli a conchiglia con lo schermo in bianco nero. « Se un amico mi cerca, mi deve chiamare qui. Tre anni fa ho mollato lo smartphone. Mandi un messaggio e stai in attesa. E mentre aspetti la risposta controlli l’email... Intanto vai sui social e parli con cinque persone. Poi fai un giochino su una app. Ah, ecco la risposta all’sms... Cui rispondi a tua volta... Ad ogni messaggio ti si attiva la stessa parte di cervello di quando mangi una torta al cioccolato o apri un regalo. Il tutto però ti porta via 4 ore al giorno, un giorno alla settimana, quattro giorni al mese. Se ci fosse ancora mia nonna ci prenderebb­e a schiaffi».

Anticonfor­mista Ignoro i social, tre anni fa ho abbandonat­o lo smartphone: mi portava via quattro ore al giorno

 ??  ?? Chitarra Ben Harper, 46 anni, ha pubblicato «Call It What It Is», quattordic­esimo album della carriera
Chitarra Ben Harper, 46 anni, ha pubblicato «Call It What It Is», quattordic­esimo album della carriera
 ??  ?? Insieme Ben Harper è tornato a suonare con gli Innocent Criminals dopo dieci anni: da sinistra Michael Ward alla chitarra, Oliver Charles alla batteria e Juan Nelson al basso
Insieme Ben Harper è tornato a suonare con gli Innocent Criminals dopo dieci anni: da sinistra Michael Ward alla chitarra, Oliver Charles alla batteria e Juan Nelson al basso

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