NON ARRENDERSI (INSIEME) ALLA VIOLENZA
«Tu sei solo mia» e quelle domande troppo insistenti Come capire che si è in pericolo
L’amore non uccide. Mai arrendersi alla violenza, ma bisogna essere insieme. Entriamo nelle storie, le nostre storie, per leggere i segni di una relazione distorta. «Ci sono atteggiamenti che vanno riconosciuti per evitare di avvitarsi in dinamiche dove l’esclusività non si accontenta di un rapporto privilegiato ma diventa assoluta, nel senso del possesso e di una gelosia ossessiva che si esprime nel controllo», dice lo psicoanalista. L’amore non uccide, non picchia, non crea possesso. «È utile prendere coscienza del modello di relazione che si vive quando ancora non è avvenuta la prima manifestazione aggressiva».
L’amore non uccide, non picchia, non crea possesso. Eppure certi atteggiamenti che sono già indici di controllo possono essere avvertiti come appaganti e amorevoli, «Che c’è di male se lui mi chiede come sono vestina e vuole che gli mandi un selfie?», «Perché mai non dovremmo scambiare le nostre password», «Siamo sempre insieme? Lui mi accompagna ovunque perché siamo una cosa sola».
«Che qualcuno dica “ho bisogno di te” fa sentire importanti», dice Massimo Adolfo Caponeri, psicoanalista che lavora sulle dipendenze. «Attenzione, se poi il bisogno è assoluto ed è proprio vero si sostituisce all’amore e crea situazioni di dipendenza da cui non potersi più staccare. È utile prendere coscienza del modello di relazione che si sta vivendo quando ancora non è avvenuta la prima manifestazione aggressiva». Entriamo allora nelle righe delle storie, le nostre storie, per leggere i segni di una relazione distorta che all’apparenza fa dire (e pensare): guarda che belli quei due, si amano davvero.
«Ci sono atteggiamenti che vanno riconosciuti per evitare di avvitarsi in dinamiche dove l’esclusività non si accontenta di un rapporto privilegiato ma diventa assoluta, nel senso del possesso e di una gelosia ossessiva che si esprime attraverso il controllo», dice lo psicoanalista. Ed è proprio quel controllo che non si riconosce subito come tale. Sono le domande insistenti che diventano inquisitorie, i messaggi frequenti, anche quando si è avvisato l’altro che per alcune ore si sarà occupate, che sia per lavoro o con gli amici. Stai disconnessa qualche ora e quando riapri lo smartphone ti ritrovi con una decina di messaggi, magari con cuoricini.
«Circa il sentimento di bisogno è come se il senso di vitalità e completezza fosse determinato solo dalla presenza dell’altro, avvertito come indispensabile per la sopravvivenza», continua. «Non è amore, è attaccamento. Basta poco per passare al sentimento di possesso, alla depressione, alla rabbia e all’aggressività quando viene negato».
Abbiamo affrontato femminicidi e violenza maschile sulle donne partendo dalla tradizione che ancora alimenta una cultura del possesso nelle relazioni affettive. Abbiamo letto nello squilibrio dei rapporti uomo-donna i segni alla base della violenza. Riconoscerli è vitale per prevenirla. Altri segnali sono nelle vite, nelle relazioni. Prima dello schiaffo, delle botte, del maltrattamento rabbioso. Senza una trasformazione del comune sentire le leggi non bastano. Le politiche per eliminare la violenza degli uomini sulle donne saranno efficienti se vengono considerati entrambi: la cultura e i sentimenti distorti.
«Frasi come “non posso vivere senza te” o “tu sei mia”, sono simboliche e non possono e non devono diventare con- crete. Si rischia la co-dipendenza», dice Caponeri. Bello fare le cose insieme, ma anche sapersi dividere compiti e ruoli. Anche dall’esterno queste coppie vengono viste come perfette, gli amici e i protagonisti non si accorgono che entrambi non hanno autonomia reale. E un individuo non autonomo, maschio o femmina che sia, non ha la maturità per condividere l’amore.
«Senza entrare nelle patologie, ci sono segnali che fanno presumere una escalation, sono le piccole gelosie lette come “interesse” ma che spesso involvono in gelosie ossessive. L’atteggiamento che dovrebbe mettere in guardia è il bisogno di controllo». Dove sei, cosa fai, anche l’ingenuo hai mangiato, cosa hai mangiato quando ripetuti e reiterati sono azioni di controllo. Sono segnali difficili da riconoscere da chi li vive e da ammettere per chi li compie. Ma sono la crepa in cui si insinuano comportamenti che nel tempo diventano molesti
Quando l’esclusività diventa assoluta basta poco per passare al sentimento di possesso e all’aggressività
esplodendo poi in aggressione. È una violenza sottile, costruita con forme verbali e simboliche, poco evidenti ma che si allarga fino a diventare distruttiva quanto quella fisica. Fermarla prima che esploda? «Aiuta capire le sensazioni che si hanno accanto all’altro e quanto quelle attenzioni siano ingombranti. Quel rapporto che dovrebbe valorizzarci, sostenere la nostra libertà di espressione e di realizzazione diventa invece una persecuzione che ci limita». Si tratta valutare che autonomia abbiamo nella coppia. «Certo non bisogna arrivare alla rottura senza aver punteggiato i disagi quando si avvertono. Quando tutto questo diventa insopportabile e di un colpo si vuole chiudere per l’altro è incomprensibile. E reagisce con aggressività».