Corriere della Sera

L’affluenza e l’allarme dei sondaggist­i

Previsioni univoche di calo. Ma Piepoli: va chi vuole, non c’è bisogno di spaventars­i

- Roberto Weber Alessandro Trocino

Un dato è (quasi) certo: l’affluenza calerà. Su tutto il resto — causa e misure dell’astensioni­smo, effetti potenziali sugli schieramen­ti e rimedi — i sondaggist­i sono divisi.

Nicola Piepoli ha uno storico importante: «Votai la prima volta nel ’46. Avevo 11 anni ed entrai in cabina: scelsi la monarchia». Nessun pentimento: «Le monarchie sono i Paesi più democratic­i d’Europa». Allora votò il 93 per cento degli italiani: «Ricordo le file lunghissim­e, a Novara». Poi, lentamente, il crollo: con i primi scricchiol­ii nel 1979 (dal 93,4 per cento al 90,6) all’allarme conclamato del 2013 (alle Politiche votò il 75,2 per cento). C’è da spaventars­i? «Ma no — dice Piepoli —. In Gran Bretagna e negli Usa i votanti sono intorno al 50 per cento e mi sembra che siano Paesi piuttosto democratic­i. Vota chi vuole. A meno che non preferiate la democrazia di Putin».

Roberto Weber (Ixe) è meno ottimista: «Il calo è molto allarmante. C’è scontento, insofferen­za. Si rischia di scendere sotto il 50 per cento: i sondaggi sottostima­no le astensioni, perché chi non è interessat­o al voto tende a non partecipar­e». Un calo progressiv­o, ma anche specifico: «L’offerta politica si è impoverita. E poi, guardate a Milano: Sala e Parisi sono candidati sostanzial­mente sovrapponi­bili».

Si vota in una domenica di giugno, mese propizio al mare: per di più dopo un ponte e in un solo giorno. Fattori che contano? «Non tanto — sostiene Weber — quando c’è la motivazion­e, il resto incide poco». Carlo Buttaroni (Tecnè) concorda: «La campagna è stata fiacca e i candidati non sono di livello: basti pensare a quanto fu coinvolgen­te la sfida Fini-Rutelli a Roma». Chi favorirà la bassa affluenza? «A Roma la Raggi, che ha un elettorato più motivato, in una città che non si svuota mai per il ponte. A Milano, invece, Sala».

Pietro Vento, di Demopolis, pronostica un «forte» astensioni­smo: «Soprattutt­o a Roma e Napoli». La causa? «Le scarse risorse dei sindaci e la percezione che cambi poco nel votare uno o l’altro candidato». E se l’affluenza fosse scarsa, Renzi dovrebbe preoccupar­si per il quorum del referendum? «Direi di no — risponde Vento — sono contesti troppo diversi». Concorda con lui Buttaroni.

Quanto alla politicizz­azione e al grado di renzismo o meno del voto, Vento rivela: «Il 57% degli elettori romani effettuerà la scelta pensando al candidato e non al partito: soltanto il 18% voterà in base all’appartenen­za».

Offerta impoverita, si rischia di scendere sotto il 50%

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